Al momento la normativa italiana prevede l’obbligo alla determinazione dell’esposizione al gas radon (Decreto Legislativo 17 marzo 1995 numero 230 modificato dal Decreto Legislativo 26 maggio 2000 n. 241) solo per gli esercenti di attività lavorative (incluse le scuole) durante le quali i lavoratori e, eventualmente, persone del pubblico sono esposte in particolari luoghi di lavoro quali tunnel, sottovie, catacombe, grotte e, comunque, in tutti i luoghi di lavoro sotterranei (interrati e/o seminterrati).
Il limite, detto livello di azione, per tali ambienti di lavoro è di 500 Bq/m3, superato il quale “l’esercente pone in essere azioni di rimedio idonee a ridurre le grandezze misurate al disotto del predetto livello”.
Naturalmente la concentrazione può essere riscontrata a mezzo di rilevazione (attiva/passiva).
Inoltre in attuazione agli articoli 17 e 28 del Decreto Legislativo del 9 aprile 2008 numero 81 (c.d. Testo unico della Sicurezza sul lavoro) il datore di lavoro, è tenuto alla valutazione di tutti i rischi presenti negli ambienti di lavoro di natura: fisica, chimica, biologica, ecc.
Il gas radon costituisce oggi in Italia la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di tabacco. Dal radon è possibile difendersi attraverso la messa in atto di azioni di risanamento e prevenzione a livello degli edifici, che non possono prescindere dalla mappatura del territorio, dall’esecuzione di un adeguato monitoraggio ambientale e da una corretta informazione al cittadino sulla natura del rischio e sulle azioni di tutela.
Fino a tempi assai recenti la percezione di questo importante fattore di rischio per la salute da parte del pubblico è stata generalmente molto ridotta, assai inferiore ad esempio a quella riguardante inquinanti noti come il benzene o fattori di rischio solo ipotizzati quali i campi elettromagnetici a 50 Hz., oggi anche grazie alla legge regionale n. 13/2019 (sospesa) in tanti sono venuti a conoscenza dell’ennesimo “killer velato”
Fonte Il Vescovado