Tutto cambiò il 6 ottobre del 1979 quando l’allora capo della Federal Reserve, Paul Volcker, scomparso ieri a 92 anni, convocò una conferenza stampa per annunciare una nuova, durissima, politica monetaria per strangolare l’inflazione.
Era un sabato, giornata scelta per i mercati chiusi, e tutti furono presi di sorpresa perché allora la Fed non parlava con la stampa. Oltretutto c’era Papa Wojtyla in visita a Washington. La CBS disse che non aveva una troupe televisiva disponibile. Volcker li chiamò: «Venite da me: il Papa domani se ne va, quello che sto per annunciare resterà con voi per sempre».
Era vero: cambiando politica, riducendo rigidamente l’offerta di moneta, i tassi di mercato salirono alle stelle. La mossa della Fed rallentò moltissimo l’economia frenando la vendita di case e auto. Gli agricoltori coi loro trattori andarono ad assediare la sede della Banca centrale. Fu recessione. Jimmy Carter, che aveva nominato Volcker pochi mesi prima, perse le elezioni presidenziali del 1990: iniziò l’era Reagan.
Ma iniziò anche l’era dell’economia senza inflazione: i prezzi finalmente smisero di salire (meno del 4% di incremento nel 1983) prima negli Usa e poi, per una specie di effetto-domino, negli altri Paesi. Le critiche furiose a Volcker si trasformarono in elogi sperticati.
L’inflazione da allora non si è più riaffacciata. Oggi, paradossalmente, è troppo bassa anche a causa della limitata crescita economica: le banche centrali sulle due sponde dell’Atlantico cercano, senza grossi risultati, di farla arrivare al 2 per cento e anche un po’ oltre, perché un moderato aumento dei prezzi invoglia la gente a spendere e rianima l’economia.
Volcker, un gigante alto due metri con un sigaro spento perennemente tra le labbra, è stato un personaggio-chiave per la finanza americana e mondiale in altri due momenti: negli anni Sessanta e Settanta quando, da giovane funzionario del Tesoro sotto tre presidenti (Kennedy, Johnson e Nixon), lavorò alla riforma del sistema monetario creato alla fine della Seconda guerra mondiale con gli accordi di Bretton Woods.
In base al lavoro preparatorio di Volcker, Nixon nel 1971 decise di sganciare il valore del dollaro dall’oro: niente più conversione. Il futuro banchiere centrale fu decisivo, ma per lui quella non fu una vittoria: voleva sostituire l’oro con un sistema di cambi fissi, ma non andò così.
Il secondo momento arrivò dieci anni fa, dopo lo spaventoso crollo di Wall Street del 2008 e la Grande recessione. Volcker, già ultraottantenne, venne richiamato in campo da Barack Obama: messo a capo della commissione di esperti che doveva proporre riforme della finanza tali da evitare il ripetersi di simili disastri. Ma le ricette molto severe dell’ex banchiere centrale piacevano poco al partito democratico e anche alla Casa Bianca.
Così venne varata una riforma del sistema bancario e finanziario più blanda. Successivamente, però, Obama si convinse che andava integrata con quella che lui stessi chiamò «Volcker rule»: vincoli che impediscono alle grandi banche di investire in misura elevata in attività molto remunerative, ma anche ad alto rischio. Norme che oggi Trump è orientato ad eliminare.
Fonte Corriere.it