Con tre distinte sentenze, continua il Presidente Adusbef, la Corte di Appello di Bari non solo ha rigettato le impugnazioni della Banca, ma ha confermato integralmente le sanzioni del 2018 della Consob ed il relativo impianto accusatorio e sanzionatorio, conseguente alle plurime violazioni accertate.
Si legge, a proposito della natura illiquida dei titoli e delle omesse informazioni da parte della banca che: “Tempi medi per la vendita delle azioni, indicati in 70,4 giorni, erano certamente incompatibili con la pronta liquidità delle azioni” cui si aggiunge che “una completa ed adeguata informazione non avrebbe potuto prescindere dall’inserimento di intervalli di prezzo più bassi emersi nelle perizie di Deloitte relative agli anni 2014 e 2015, con effetto benefico per gli investitori, indotti ad una maggiore e migliore ponderazione sulla convenienza degli investimenti”.
Anche il sistema interno di vendita delle azioni, quello antecedente al 2017, il cd “borsino”, come denunciato dalla associazioni in tempi non sospetti, è risultato inidoneo ad assolvere alla funzioni per le quali avrebbe dovuto operare. Sempre la CDA sentenzia: “il sistema di scambio interno alla banca, cui la stessa fa rifermento, non presentava i requisiti minimi secondo la direttiva MIFID I (2004/39/CE) per essere qualificato come mercato non regolamentato, nel quale come emerge dal rapporto ispettivo della Banca d’Italia del 21.03.17 avrebbe potuto includersi i MTF”
Molto più severa, se possibile, è la sentenza della Corte di Appello sulle procedure di profilazione degli utenti: La violazione in oggetto, come si desume dall’atto di accertamento Consob riguarda in primo luogo la profilatura dei clienti, attuata mediante utilizzo di questionari. Il risultato di tale modalità di elaborazione delle informazioni fornite dal cliente costituito dal fatto che l’obiettivo di investimento conservativo era associato a soli n. 300 investitori, a fronte di n. 26.000 clienti (piú della metà del totale) che aveva dichiarato espressamente di voler proteggere il capitale investito.
La violazione n. 1, poi, si estende anche al tema della profilatura dei prodotti, poiché: in virtù della policy adottata, sia in epoca anteriore a ottobre 2015 sia in epoca successiva, la classificazione, sotto il profilo del rischio, sia delle azioni sia delle obbligazioni di propria emissione (BPB), è risultata inappropriata, soprattutto se raffrontata con analoghi prodotti di Banche quotate in borsa e incluse nel paniere principale del mercato italiano.
Tuttavia, come correttamente rilevato tale modalità operativa, in difetto di presidi idonei ad assicurare certezza della data di ricezione dell’ordine di vendita, non garantiva l’oggettivo rispetto della priorità temporale degli ordini, e, per un verso, offriva il destro ad impieghi distorti e, per altro verso, avrebbe potuto pregiudicare la possibilità di esecuzione dell’ordine stesso nel corso di una delle aste svoltesi nel frattempo”
Da ultimo, la violazione sul prezzo dell’azione: “nonostante l’articolata analisi operata dall’advisor, il consiglio di amministrazione di BPB (con la supina adesione del collegio sindacale e l’inerzia delle funzioni di controllo interno) ha stabilito, per ciascun anno del triennio in considerazione, il prezzo delle azioni senza adeguata motivazione, omettendo ogni analisi delle relazioni di Deloitte in ordine ai metodi considerati, alle scelte operate e alle assunzioni poste a base dei metodi prescelti e ai relativi risultati (cfr, par. 4 dell’atto di accertamento)”.
Le succitate violazioni, tuttavia, continua l’avv. Tanza sembrano affondare le radici anche in anni precedenti, già dal 2008/2009: sulla base dei documenti che i risparmiatori ci portano in sede, infatti, le errate profilazioni, le errate informazioni sulla natura dei titoli si spingono anche oltre il limite temporale indicato.
Sono centinaia i casi di risparmiatori che già nel 2008/2009 avevano acquistato titoli BPB e si sono ritrovati nelle categorie individuate dalla Corte di Appello di Bari.
Di tanto abbiamo informato Consob e Banca d’Italia oltre ad aver fatto gli appositi reclami in banca e ricorsi, vittoriosi, all’Arbitro delle Controversie Finanziarie.
Ricordiamo a questo punto che è diritto dei risparmiatori chiedere alla banca copia dei documenti relativi all’acquisto delle azioni fino a 10 anni indietro al solo costo di fotocopia, così come recita l’art. 119 del TUB e che in caso di violazione di tale obbligo la banca può essere costretta dal Tribunale a consegnare la documentazione ed a pagare una penale per ogni giorno di ritardo nella consegna.
Invitiamo tutti i risparmiatori, conclude l’avv. Tanza a far sentire le proprie ragioni ed a contattare gli sportelli ADUSBEF o a scrivere all’indirizzo mail adusbefutenti@gmail.com