A soffrire la difficile situazione è il quartiere dei Parioli, uno dei più lussuosi di Roma. Il nome deriva dalla denominazione di “Monti Parioli”, data a un gruppo di colline tufacee prima dell’urbanizzazione dell’area, avvenuta agli inizi del Novecento. Alcuni affermano che il nome derivi da “peraioli”, per le coltivazioni di peri che vi si trovavano. Con il piano regolatore del 1965 ai Parioli, come in altri quartieri della “periferia storica” si sono potute aumentare superfici e volumi del 30%.
Demolendo e ricostruendo si è arrivati a ricavare spazi aumentati anche del 100%. A ciò si è aggiunto il mutare della destinazione d’uso delle unità abitative. La collina residenziale è diventata rapidamente zona di servizi e di transito. Il quartiere oggi ospita ambasciate e consolati, banche estere e società finanziarie e una miriade di studi e uffici. Il giro d’affari, legato alla terziarizzazione ha determinato la rapida moltiplicazione di bar, ristoranti e negozi, un tempo scarsissimi.
La ricchezza che sin dall’inizio caratterizza il quartiere conferisce ai giovani abitanti lo stereotipo di uno stile di vita abbastanza alto, con un abbigliamento alla moda (prevalentemente sportivo), auto costose ed un uso di prodotti di lusso, al punto che il nomignolo “pariolino” tende ad indicare a Roma anche i giovani con quello stile ma non residenti nel quartiere dei Parioli.
Il termine nella Capitale è usato il più delle volte con una connotazione spregiativa, per indicare un tono altezzoso ed esclusivo alto borghese. Il cartello dei Parioli ha fatto infuriare anche il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli, che ha commentato la foto:
“Ecco cosa appare a Roma affisso ad un cumulo di rifiuti – ha detto – un concentrato assurdo di luoghi comuni, un’offesa gratuita che proviene da un popolo che, purtroppo, ha gli stessi identici problemi che abbiamo noi. Ma forse, il cialtrone di turno lo ha dimenticato”.