“Colpa” soprattutto delle famiglie unipersonali cresciute negli ultimi venti anni di oltre 10 punti: dal 21,5% nel 1997-98 al 33% nel 2017-2018″ fino a diventare un terzo del totale.
Lo zoom dell’Istituto di statistica dimostra che il 33,2% sono coppie con figli, la tipologia che ha fatto registrare la maggiore diminuzione negli ultimi anni. Le persone sole invece – l’altro 33% – risultano in costante aumento nel corso degli anni. Se le famiglie si restringono è anche perché dal 2017 i matrimoni riprendono a diminuire con 191.287 celebrazioni, arrivando a quasi 12 mila in meno in un anno.
Anche se le separazioni legali diminuiscono, passando da 99.611 (2016) a 98.461 (2017), mentre i divorzi, dopo il recente aumento dovuto all’entrata in vigore del cosiddetto ‘divorzio breve’, subiscono una contrazione e si attestano sui 91.629 eventi (7.442 in meno rispetto al 2016).
Famiglie single e crollo delle nascite
Ma il vero dato negativo è il calo demografico, spiega Alessandro Rosina, docente di demografia dell’Università Cattolica di Milano: “Riguardo alla composizione familiare assistiamo all’effetto dell’invecchiamento della popolazione che aumenta il numero dei single, ma anche alle conseguenze di trasformazioni sociali legate ai tempi e ai modi di formazione della famiglia”. Ora si tende a restare single e a vivere, quando possibile, più a lungo da soli prima di formare un nucleo famigliare.
Se la famiglia “si restringe”, insomma, è dovuto da una parte all’allungamento dei tempi di uscita da quella di orgine, per lo più per motivi di studio e di lavoro e quindi economici, e di creazione del proprio nucleo famigliare. Dall’altra, a una società più “dinamica”, cresciuta oggi nella consapevolezza che c’è una fase della vita in cui si può decidere di vivere da single per poi formare una coppia e magari tornare ancora single, rimandando la decisione di creare una “nuova” famiglia.
“Sono aumentate le possibilità di essere single nella vita di una persona”, sintetizza Rosina spiegando come il nucleo famigliare fotografato dall’Istat non può risultare “asciugato”. Ma questa contrazione dei numeri non è per forza un dato da leggere in negativo, “non dobbiamo pensare a una fotografia statica del Paese, bensì a dinamiche che sono alla base di una società che cambia”. Di fronte alle diverse scelte che si possono fare oggi, preoccupa di più il calo demografico in quanto una “non scelta”.
Continua il calo delle nascite: i nati vivi, che nel 2017 erano 458.151, nel 2018 passano a 439.747, nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia. Il tasso di fecondità totale nel 2017 scende ancora attestandosi su 1,32 figli in media per donna. Nel 2018 il numero dei decessi diminuisce e raggiunge le 633.133 unità, quasi 16 mila in meno rispetto all’anno precedente.
La speranza di vita alla nascita (vita media), dopo la battuta d’arresto tra il 2016 e il 2017, riprende ad aumentare attestandosi su 80,8 anni per i maschi e 85,2 per le femmine nel 2018. L’insieme di queste dinamiche – sottolinea l’Istat – rende l’Italia uno dei Paesi più vecchi al mondo, con 173,1 persone con 65 anni e oltre ogni cento persone con meno di 15 anni al 1 gennaio 2019.
Quasi 2 milioni le famiglie più povere
Ma la libertà di scelta spesso costa cara. Se andiamo a vedere il dato economico, “già da qualche anno – conferma Rosina – sono soprattutto le coppie con genitori under 35 a rischio di povertà doppia rispetto agli over 65”. Le famiglie in condizione di povertà assoluta, ci dice l’Istat, sono un milione 822 mila (7%), per un totale di oltre 5 milioni di individui poveri.
Mentre le famiglie che, rispetto al 2017, vedono peggiorare la loro situazione sono quelle dove è presente un solo genitore, (dal 9,1% all’11,4 del 2018), soprattutto se con minori (dall’11,8% al 16,8 del 2018). L’incidenza della povertà assoluta rimane elevata fra i minori (12,6% pari a un milione 260 mila minori) e raggiunge il minimo fra gli over 65 (4,6%).
Quel che si intravede – conclude Rosina – è un’Italia che rischia di rinunciare del tutto alla famiglia, e non per scelta. “Il Paese dovrebbe combinare queste possibilità di scelta personale con aiuti economici e servizi per l’infanzia pensati per sostenere soprattutto le donne che spesso rinunciano alla famiglia per lavoro o per assistere la famiglia d’origine. Nonché un welfare per offrire diverse strade ai giovani che oggi si ritrovano con ben poche prospettive per pensare di metter su famiglia”.
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