Questi dati, come ricorda Italia Oggi, vengono collegati al codice fiscale del contribuente per poi essere esaminati sia dalle Entrate che dalla Guardia di Finanza. Ma attenzione: gran parte dei dati non vengono comunicati allo stesso contribuente, ma finiscono dritti dritti nelle mani del Fisco. Si tratta delle informazioni che ad esempio derivano dalle banche, dalle assicurazioni, o da medici e farmacisti. Una volta che questi operatori inviano i dati, le informazioni approdano nella anagrafe tributaria.
Ma il contribuente non può sapere se questi dati sono stati inviati in modo corretto o incompleto. Insomma il contribuente possiede solo una parte e pure minima delle informazioni che lo riguardano e che lo potrebbero portare anche davanti ad un contenzioso col Fisco col rischio di pesanti sanzioni.
E anche i commercialisti che si occupano di assistere i contribuenti non possono conoscere la totalità dei dati che riguardano il singolo contribuente. E su questo fronte va ricordato che fino a qualche tempo fa si poteva esercitare il diritto all’accesso degli atti. Mossa questa che è stata superata dalle indicazioni che si trovano nella manovra appena varata dai giallorossi. Un diritto, quello dell’accesso ai dati, che è destinato a finire nel nulla.
Con questo sistema il contribuente si troverà solo e disarmato nel dover affrontare i rilievi del Fisco. La manovra ha asfaltato i diritti dei contribuenti definendo la lotta all’evasione come un obiettivo “di rilevante interesse pubblico”. Un escamotage per dare la caccia a briglie sciolte. Il rischio che i dati inviati dagli operatori possano contenere errori o inesattezze è dietro l’angolo ed molto più frequente di quanto si possa pensare.
A questo quadro va aggiunta anche la proposta di eliminare un grado di giudizio nel processo tributario. Un’altra mossa per facilitare la vita al Fisco in caso di contestazione o contenzioso con il contribuente. Insomma la lotta è impari e basta una piccola svista per dare il via alla “sprangata” fiscale.
Fonte: IlGiornale.it