“Fino a quando la verticale immaginaria che percorre il suo baricentro ‘cade’ all’interno della base di sostegno, la Torre di Pisa starà in piedi. Se il terreno continuerà a cedere, accrescendo la pendenza, presto perderà l’equilibrio”.
Poiché siamo Italiani e, quando vogliamo, sappiamo fare cose incredibili, come anche guarire i bimbi ammalati che in altri Paesi si condannano a morire, alcuni anni fa la Torre è stata messa in sicurezza con un complicato intervento di consolidamento del terreno che ha consentito di bloccare l’inclinazione. Così, adesso, penderà nei secoli.
“Questo vale per i corpi rigidi”, aggiunse il maestro, “non per i flessibili. Lo capirete quando studierete la fisica. E capirete anche il perché”.
Aveva ragione. Anche se, poi, non abbiamo capito proprio tutto. In effetti, pur avendo imparato le incredibili ed esatte regole del ‘sistema’, non sappiamo ancora oggi se esse siano frutto dell’affinamento di una evoluzione millenaria o della volontà di Qualcuno particolarmente in gamba. Chissà.
Di recente, i principi che regolano l’equilibrio dei corpi flessibili sono stati da più parti ricordati a seguito di una eccezionale caduta di alberi causata dai violenti eventi atmosferici che hanno colpito la Città.
Per un albero, ci aveva detto il maestro, la stabilità è la situazione naturale nello stato di quiete, poiché la struttura orizzontale del fusto deve sopportare esclusivamente la compressione esercitata dalla chioma. A condizione, però, che siano effettuati i rituali interventi di alleggerimento con la pulitura e la potatura dei rami.
In presenza di vento, invece, la stabilità è in funzione di un gioco concomitante tra forze e parametri che comprendono, da una parte, il vigore e la direzione delle folate, e, dall’altra, il tipo di chioma, il peso dei rami, la forma delle foglie e l’effetto vela, ma anche la natura del tronco e la ramificazione delle radici. Ed è qui, che entra in gioco la fisica a spiegare i meccanismi che inducono la struttura a piegarsi fino ad arrivare, nei casi estremi, alla rottura dei rami ovvero al sollevamento delle radici con la caduta dell’intero albero. Ancor più se già danneggiato per incuria o malattia.
Non indugiamo, perché gli eventi sono noti e perché non è questo il punto della nostra riflessione.
Anni fa, nel corso dei lavori di riqualificazione di alcune vie cittadine e dello stesso lungomare, qualche paesaggista-vivaista decise di ‘importare’ in Città un tipo di palma reso famoso dalle immagini televisive e cinematografiche del ‘Sunset Boulevard’ di Hollywood. Una palma di grande effetto in quegli immensi spazi e con quelle immense scenografie ma sicuramente poco adatta alle nostre anguste strade cittadine e alle striminzite aree verdi circondate da fabbricati addossati gli uni agli altri.
Si è trattato di un intervento di chirurgia estetica che, a nostro modesto parere, non ha migliorato l’apparenza e neppure la sostanza, perché i lunghi steli implumi hanno alterato i rapporti di proporzione che fanno parte della storia e della cultura della Città e perché molte installazioni hanno prodotto risultati molto dubbi. Pensiamo al ‘boulevard’ della zona industriale dove le decine e decine di palme, inserite nell’esile spartitraffico, vorrebbero riproporre un improbabile ‘Sunset’ californiano e costituiscono, in realtà, un pericolo per la circolazione a causa anche delle radici affioranti.
In ogni caso, una qualche similitudine delle condizioni climatiche con la terra di provenienza ha consentito alle palme di attecchire e svilupparsi in modo super-veloce raggiungendo altezze ormai prossime ai 20 metri. Quanto un palazzo di cinque piani, oltre ai negozi.
Altezze che, per talune ubicazioni e per la vicinanza ai fabbricati, incutono qualche timore tra chi si affaccia da balconi prospicienti e tra chi ci passa sotto. Soprattutto in occasione di eventi burrascosi.
Perché, sebbene la forma del fusto, ritto come un fuso, assicuri il giusto sostegno al ciuffo superiore nelle condizioni di quiete, quando soffia il vento le folate colpiscono le foglie della corona, con peso variabile dai 1.000 ai 2.400 chili secondo la specie, imprimendo una spinta che ‘trascina’ il tronco e genera un movimento oscillatorio per effetto della ‘naturale’ tendenza della pianta a ripristinare la condizione di equilibrio.
In verità, si tratta di piante ‘allenate’ che, per resistere alle tempeste dei vasti spazi americani, hanno sviluppato un fusto estremamente elastico costituito da condotti tubolari verticali a somiglianza di un cavidotto con le linee della telefonia. La flessibilità, quindi, è una sua caratteristica naturale.
E, fin qui, possiamo ancora stare tranquilli.
In questi casi, come è intuibile, l’effetto della pressione sul tronco si riduce, perché la testa è decentrata, cresce la forza trainante, esercitata dal disallineamento del ciuffo e inasprita dalla gravità, e lo squilibrio diviene permanente. La palma, cioè, si ‘inchina’ verso terra.
Chi ci assicura, quindi, che una palma di 20 metri, con diversi anni di vita, sia in grado di resistere e non sia un pericolo per la pubblica e privata incolumità? E chi ci assicura che le oscillazioni, in caso di eventi gravi, non arrivino a minare la tenuta delle fibre interne?
Esistono modelli matematici per verificare lo stato del fusto e molti studi sono stati effettuati anche dopo la caduta di diverse palme alla stazione di Atocha a Madrid e anche a Roma. E da noi?
Così, da semplici cittadini, molto impreparati in materia ma con qualche ricordo di fisica, ci permettiamo chiedere a chi di dovere se quelle palme possano considerarsi veramente ‘sicure’ e se non sia il caso di sottoporle ad opportuni controlli procedendo, nella negativa, all’abbattimento.
Siamo sicuri non ci sarebbe alcun rimpianto.
Alla nostra latitudine, sono disponibili alberature ben diverse da tronchi implumi, certamente più verdi, con chiome più folte, con infiorescenze profumate e in grado di produrre grandi quantità di ossigeno per la nostra vita, di dare riparo dal sole e una naturale frescura contro il calore estivo. Oltre ad offrire un nido agli uccellini.
La nostra Città, meridionale e mediterranea, non ha bisogno di ‘importare’ improbabili scenografie in contrasto con il calore e i colori di un territorio che il caso o la volontà di Qualcuno decise di donarci come prova di amore. Della quale, spesso, ci dimostriamo indegni.
Questa Città ha bisogno di amore.
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