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Manifesto per una Destra inclusiva e moderna (prima parte) di G. Fauceglia

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Le recenti elezioni regionali in Emilia Romagna, pur premiando indubbiamente la Lega di Matteo Salvini, hanno dimostrato che gran parte degli elettori moderati hanno inteso preferire il candidato Bonaccini del centro sinistra, dando conferma al teorema secondo il quale, con qualsiasi sistema elettorale democratico, si vince solo se si conquistano i consensi del centro moderato.

Si può sostenere che sociologicamente non può rinvenirsi, come avveniva almeno sino all’ultimo decennio del secolo scorso, un centro moderato, ormai frantumato dall’implodere della crisi economica e dalla crescente  ed ingiustificata pressione fiscale, ma deve pur sempre considerarsi che l’aspirazione a programmi chiari e sorretti da personale politico competente o riconoscibile come tale (specie nelle elezioni locali) costituisce ancora una spinta determinante nelle scelta elettorali.

Ciò impone la necessità e l’urgenza di indicare le linee guida di una destra moderna ed inclusiva, considerando che questa opzione resta essenziale per un corretto sviluppo della democrazia rappresentativa.

Deve, innanzi tutto, essere culturalmente sconfitta la narrazione, utilizzata dalla sinistra (nelle sue varie configurazioni), secondo la quale il fascismo sarebbe in Italia nient’altro che l’espressione per antonomasia della destra. Questa impostazione tutta ideologica nasce dalla elaborazione gramsciana, che, analizzando la vittoria del fascismo, aveva ritenuto che  altro non fosse se non la involuzione o la progressione delle politiche sostenute dalla destra storica e dell’elettorato cattolico.

Il tema trovava qualche fondamento nel contrasto che i ceti liberali e moderati avevano esercitato nei confronti dei moti operai e socialisti,  a volte violenti, che avevano caratterizzato i primi anni venti dello scorso secolo, ma la medesima conclusione non poteva di certo essere riproposta dopo la fine della Seconda guerra mondiale.

Ciò nonostante, il Partito Comunista ed i suoi epigoni hanno continuato ad accusare di fascismo  la Democrazia Cristiana (nonostante il contributo determinante che i cattolici avevano dato alla Resistenza), alcuni Presidenti degli Stati Uniti, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi, e finanche intellettuali come Indro Montanelli, Renzo De Felice e Oriana Fallaci.

La decontestualizzazione storica del “fascismo” è stata utilizzata ad uso strumentale e propagandistico, e ciò si è manifestato pure di recente  nel poco accorto appello del Presidente del Consiglio di farsi paladino di una crociata contro le “destre”, utilizzando un linguaggio al più giustificabile nei primi anni Cinquanta dello scorso secolo, ma oggi non più proponibile perché palesemente antistorico.

A questa impostazione, che trova finanche sostegno nella presunta superiorità “morale” della sinistra, può farsi rimedio, nonostante il sostegno che all’argomento offre la prevalenza degli organi di informazione e dell’establishement culturale.

Occorre, allora, rimarcare che la difesa dell’identità e degli interessi economici nazionali e finanche la protezione dei confini non possono in alcun modo configurare politiche neppure paragonabili a quelle del fascismo, che si è sviluppato in contesti internazionali e storici del tutto differenti dall’attuale.

Diversamente argomentando, si dovrebbe ritenere, ad esempio, che la Francia, la Germania e finanche la Spagna sono oggi ispirate da una politica “fascista”, il ché  pare configurare una vera e propria iperbole argomentativa (a meno di non ritenere che queste politiche, quando vengono attuate da un governo con la partecipazione della sinistra sono, di per ciò solo, “non fasciste”).

In una prospettiva di una moderna destra occorre, invece, liberarsi dagli atteggiamenti provocatori, come quelli del Papeete beach, o intimidatori, come quelli della citofonata inopportuna ed inutile, che hanno caratterizzato le scelte recenti del leader leghista.

Occorre, cioè, dar luogo a “manifestazioni” nei comportamenti  che, non solo in apparenza ma nella sostanza, prendano le distanze da quelle attuate da gruppi estremistici, per instaurare un dialogo più intenso con le richieste, anche di moderazione, che provengono tradizionalmente da un elettorato di centro, senza con questo scolorire i propri temi, anzi valorizzandoli..

E’ necessario, allora, creare una vera e propria passione per il futuro, non schiacciandola sulla paura del presente, confrontandosi con le spinte che provengono da un mondo in rapida evoluzione, non interpretato da una sinistra che culturalmente, e direi ideologicamente, compie continui riferimenti ad un passato non più proponibile e che utilizza un linguaggio metaforicamente riferibile all’apparato e a stanze segrete.

La contrapposizione tra “Palazzo” e “Popolo”, tanto impropriamente evocata dal Movimento 5Stelle, non può rappresentare  l’immaginaria contrapposizione su cui innestare scelte politiche rilevanti per il Paese e che si sono dimostrate tanto inutili e dannose quanto inopportune.

Proprio per questi motivi, il disegno identitario di una destra cattolica e liberale diventa oggi più urgente che nel passato, posto che solo in questo modo può ricostruirsi una vera e propria strategia della Speranza.

Giuseppe Fauceglia    

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