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Muore a 81 anni Luciano Gaucci, storico presidente del Perugia in A

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Il primo febbraio è morto Luciano Gaucci, storico presidente del Perugia Calcio negli anni Novanta. È morto a Santo Domingo dove si era rifugiato negli ultimi anni della sua vita: dal 2005 al 2008 era stato soggetto infatti a custodia cautelare attiva proprio per il fallimento della sua società. Aveva promesso che sarebbe tornato in Italia, ma non lo aveva fatto.
Tranviere da giovane, vicepresidente dell’As Roma dall’82 all’89 sotto la gestione di Dino Viola, monopolista nel settore degli appalti nelle pulizie (impresa La Milanese: «Dà un’idea di efficienza») , sostenuto dagli amatissimi figli di primo letto (Alessandro, in particolare, abilissimo nel calciomercato), all’inizio degli Anni 90 aveva preso il Perugia issandolo, in cinque anni, dalla C1 alla A e alla Coppa Uefa.
Un successo imprenditoriale impreziosito da operazioni memorabili (il difensore Pieri, entrato per 50 milioni di lire e uscito per 16 miliardi; il giapponese Nakata, trasformato in calciatore e rivenduto alla Roma a peso d’oro, la provocazione sull’ingaggio di un’attaccante donna, Birgit Prinz, l’ingaggio del coreano Ahn Yung Hwan che poi “giustizierà” l’Italia ai Mondiali 2002) e iniziative ai confini del buon senso.
I due cavalli – era appassionato anche di ippica – offerti all’arbitro Senzacqua, un tentativo di corruzione che gli costò la retrocessione in C1 («Se l’avessi comprato davvero, questo signore non ci avrebbe negato un rigore grande come una casa…»), anche se con gli equini Lucianone aveva dimostrato di avere fiuto: Tony Bin, comprato sconosciuto per poche lire, all’apice del successo sbancò l’Arc de Triomphe e fu poi sbolognato in Giappone per la cifra record di 6 miliardi. Tra un ritiro punitivo e l’altro, che Gaucci ordinava ai suoi innumerevoli allenatori come le ostriche al ristorante, si ricordano: l’ingaggio di Saadi Al Gheddafi, figlio del Colonnello, ingegnere con l’hobby del pallone, due anni in Umbria, una presenza, una sospensione per doping (nandrolone); l’assunzione e il quasi contestuale licenziamento di Carolina Morace come tecnico della Viterbese; l’annuncio del tesseramento al Perugia di Birgit Prinz, bomber tedesca che al grido di «nessuna norma lo vieta, è una questione di diritti umani» avrebbe dovuto incrociare i polpacci con Nesta e Cannavaro.
Era un presidente che credeva di poter vivere al di sopra delle regole, regalava biglietti da 50 euro ai barboni per strada ma ogni tanto aveva l’umiltà, e l’autoironia, di telefonare ai giornalisti: «La ringrazio per l’intervista, addirittura migliorativa del mio italiano». Alessandro e Riccardo, complici e vittime del grandioso disegno paterno, hanno corrisposto alle aspettative finché hanno potuto, difendendolo dalle battute acide dei tanti avversari, il presidente federale Carraro, quello di Lega Galliani, la trimurti juventina, che Luciano si era inimicato ribaltando il Monopoli del calcio a ogni buona occasione. Quando il suo Catania si salvò dalla C con un inghippo normativo, costringendo il consiglio federale della Figc ad allargare la B a 24 squadre. O quella volta che il tentativo di scalata al moribondo Napoli, con l’idea geniale di iscriverlo in B senza accollarsi la montagna di debiti, finì in burla. Solo negli ultimi giorni dell’impero, finalmente, i Gaucci brothers si sono concessi una scampagnata nelle loro vere passioni: il pugilato per Ale (un match da mediomassimo contro il croato Miletic), il calcio a 5 per Ricky, che ha giocato in nazionale. Disapprovati, neanche a dirlo, da papà. Che ai tempi d’oro già diceva: «Il calcio non mancherà a Gaucci». Il contrario, semmai.

Fonte Corriere

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