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Coronavirus, perché Apple e le altre Big Tech temono il virus cinese

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Gli esperti stanno già facendo le prime previsioni delle conseguenze economiche a livello cinese e mondiale dell’epidemia di coronavirus, la nuova infezione diffusasi nel paese asiatico a inizio gennaio. Non fa eccezione il mondo della tecnologia con Ming-Chi Kuo che ha già fatto alcuni calcoli sugli affari di Apple.

Il famoso analista ha stimato che nel primo trimestre dell’anno in corso la casa di Cupertino potrebbe subire una contrazione delle vendite di smartphone del 10 proprio a causa del coronavirus. Si parla comunque di una cifra tra i 36 e i 40 milioni di modelli, ma meno di quelli preventivati.

A pesare in particolare è il rallentamento delle attività dei fornitori cinesi di Apple, legato anche al prolungamento delle festività per il Capodanno cinese, deciso dal governo centrale come misura per contenere il contagio da coronavirus. Nei giorni scorsi era anche circolata la voce che questa situazione avrebbe potuto far slittare il lancio dell’iPhone SE 2 previsto per marzo.

Al momento si tratta solamente di indiscrezioni, anche se Apple durante la presentazione degli ultimi dati trimestrali (da record) ha in realtà già fatto cenno alle possibili difficoltà legate al coronavirus. Cupertino ha stimato che nei primi tre mesi del 2020 i ricavi saranno tra i 63 e i 67 miliardi di dollari, cifre che tengono già conto del quadro di incertezza legato all’epidemia.

Uffici chiusi e trasferte ridotte

Ma al di là delle conseguenze economiche, esistenti ma ancora tutte da quantificare, c’è anche un discorso legato alle misure precauzionali che le aziende tech stanno mettendo in atto per tutelare dipendenti e consumatori dall’epidemia di coronavirus. La stessa Apple ha deciso di chiudere tutti gli uffici e gli store sul suolo cinese almeno fino al 9 febbraio.

Una scelta analoga era già stata presa qualche giorno fa da Google, valida anche per gli uffici di Taiwan e Hong Kong. Ovviamente una grande attenzione è stata data anche a chi si trova a viaggiare per lavoro. Facebook e Amazon hanno chiesto ai propri dipendenti di cancellare le trasferte non indispensabili in Cina e nel frattempo hanno invitato i lavoratori a proseguire le proprie attività da casa.

Un monito arrivato anche da Microsoft.  Ancora diverso il caso di AirBnB che ha modificato le policy di cancellazione e di rimborso delle prenotazioni legate alle regioni interessate ai focolai di coronavirus. Su questa pagina è possibile vedere in tempo reale come cambiano le condizioni del servizio di permanenza o di hosting a seconda della zona o della data di prenotazione.

Fonte: Corriere.it

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