Quattro ricercatori tedeschi dell’Istituto di Igiene e Medicina Ambientale dell’ospedale universitario di Greifswald, in Germania, hanno scoperto che il nuovo coronavirus può resistere e rimanere infettivo per oltre una settimana sulle superfici. Almeno 4 o 5 giorni, massimo una settimana in condizioni favorevoli, ovvero bassa temperatura ed alti tassi di umidità.
La ricerca del professor Günter Kampf, pubblicata sul Journal of Hospital Infection, rivoluziona le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che finora avevano scartato questa ipotesi. Si tratta, come evidenzia il Messaggero, della “revisione” di studi pregressi, effettuati sui diversi tipi di agenti patogeni della stessa famiglia: Mers, Sars e Hcov.
Secondo gli studiosi anche il nuovo coronavirus, si comporterebbe come gli altri e avrebbe quindi una capacità di sopravvivenza e un’efficacia infettiva che si protrae fino a nove giorni su superfici come vetro, plastica o metallo. Attenzione quindi, secondo gli esperti, a “maniglie, pulsanti, letti, comodini”. Tutti elementi che possono essere toccati dai pazienti e diventare veicolo di infezione.
Non a caso, ricorda Leggo, uno studio apparso recentemente su una rivista scientifica americana, il Journal of American Medical Association, conferma come a Whuan, la città da cui si è diffuso il contagio del virus, quasi la metà dei pazienti abbiano contratto la malattia all’interno dell’ospedale dove sono stati ricoverati i primi pazienti infetti.
Per arginare il rischio che le superfici si trasformino in un veicolo per contrarre la polmonite che arriva dalla Cina c’è innanzitutto l’igiene. Disinfettare continuamente con soluzioni che contengano “agenti biocidi”. Per Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, intervistato dal Messaggero, non è il caso di allarmarsi. “La carica virale – precisa – si abbassa nell’arco dei giorni”.
Il virus diventerebbe meno efficace col passare del tempo, e inoltre la quantità presente sulle superfici non sarebbe sufficiente, secondo l’esperto, per contrarre la malattia. Lo specialista, quindi, afferma che il “contatto” resta la “principale via” per trasmettere il coronavirus.
A dimostrarlo, sempre secondo lo studioso intervistato dal quotidiano di via del Tritone, c’è anche il caso dei due turisti cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma. “Se ci fosse stata una concreta possibilità di questa trasmissione forse avremmo avuto molti casi secondari”, ragiona con la giornalista del Messaggero.
Intanto in Cina, 97 nuovi decessi hanno fatto salire a 908 la conta dei morti per il nuovo coronavirus. Attualmente sarebbero 3.062 i nuovi casi confermati e 4.008 quelli sospetti, mentre le persone che nel Paese asiatico hanno contratto il virus dall’inizio dell’epidemia, sono arrivate a 40.171.
fonte IlGiornale.it
Commenta