Trentuno luglio millenovecentoquarantaquattro.
Lo seguii in silenzio nell’hangar. Mi invitò a montare sull’aereo. Salii e mi sedetti sul sedile posteriore del suo Lightning, mentre gli chiedevo cosa fosse importante secondo lui. Salì, si mise al posto di comando, chiuse il portellone. L’aereo si mosse, rullò sobbalzando sulla pista ed infine si alzò. Quando fummo in cielo Antoine mi disse: “l’essenziale è invisibile agli occhi…che si tratti di una casa, delle stelle o del deserto, quello che fa la loro bellezza è invisibile…Quando ero piccolo, le luci dell’albero di Natale, la musica della Messa di mezzanotte, la dolcezza dei sorrisi, facevano risplendere i doni di Natale che ricevevo”.
Guardai in basso e riconobbi la Baia degli Angeli al largo di Saint-Raphael. Antoine aveva gli occhi puntati sul pannello dei comandi ed ascoltava il battito del motore, da sempre musica stupenda per la sua anima. Ripresi a fare domande: “Antoine, le persone saggie che ho incontrato lungo la mia vita mi hanno invitato a cose concrete, ma è giusto sopprimere quell’impulso profondo che ci invita a cercare di capire l’impossibile? è ragionevole cercare la pace opprimendo quest’istinto di ricerca dell’irreale? è vero che proprio la disperazione dell’incomprensibile e la pace della conoscenza hanno un confine sottilissimo?”. Continuando a scrutare il cielo, rispose: “Ogni qual volta ho sfiorato una verità senza comprenderla, mi sono creduto perso, ho creduto di toccare il fondo della disperazione e, accettata la rinuncia, ho conosciuto la pace. In simili momenti si ha l’impressione di scoprire se stessi e diventare il proprio amico.”
Il continuo sobbalzare dell’aereo mi portò a pensare al numero inaccettabile di incidenti stradali che avvengono quotidianamente sulle nostre strade. È un problema che interessa la sanità pubblica mondiale perché è forte l’impatto sulla salute delle persone. Gli incidenti stradali nel mondo sono una delle prime tre cause di morte nella fascia di popolazione compresa tra i 5 e i 44 anni di età.
Sono fortemente legati a comportamenti a rischio: consumo di alcol e sostanze psicotrope, velocità eccessiva, uso del cellulare, mancato utilizzo dei dispositivi di sicurezza – cinture, seggiolini per bambini, casco, – ma anche dall’assunzione di farmaci che alterano lo stato psico-fisico. L’alcol è il fattore più rilevante nel caso di incidenti stradali gravi o mortali; il rischio di incidenti aumenta, in modo esponenziale, quando la concentrazione di alcol nel sangue raggiunge i 50 mg/100 ml. Inoltre, a parità di alcol ingerito, il rischio aumenta al diminuire dell’età del conducente e quanto minore è la frequenza di consumo abituale di sostanze alcoliche.
Andrebbero con efficacia incoraggiati stili di vita corretti, con particolare attenzione alle fasce più giovani, più deboli e più svantaggiate. Nello stesso tempo andrebbero promosse politiche intersettoriali mirate a migliorare la sicurezza delle strade e dei veicoli. L’obiettivo è ovviamente la riduzione degli incidenti e in particolare di quelli mortali e questo si ottiene solo aumentando i comportamenti corretti alla guida.
Smisi di pensare e ritornai a fare domande: “Cosa è la morte”, chiesi secco ad Antoine. Con voce pacata rispose: “Una volta nel deserto ho conosciuto la morte, ne ricordo i tratti. Non ebbi paura, conservai il cuore sereno. Quando ci ripenso, ricordo una dimensione ricca di quiete: vedo, ancora, una tovaglia stesa sotto le stelle, che non può che ricevere pulviscolo d’astri… vedo il deserto e le sue stelle e meraviglioso è il fatto che là, in piedi sulla schiena rotonda del pianeta, tra quel lenzuolo calamitato e quelle stelle, ci sia una coscienza d’uomo, in cui tale pioggia possa rispecchiarsi. Su uno strato di minerali un sogno è un miracolo. Lì sospesa, tra stelle e sabbia la mia coscienza ha conosciuto la morte, ed oggi ne ho memoria: è aria, è vuoto, è nulla, è tutto; è un cielo pieno di nuvole, senza stelle, né luna, è un aereo che scivola in esso e inizia a perdere colpi. Hai paura, ma sei convinto, come tante altre volte, che riuscirai a fare il passo che significherà salvezza. Ancora uno. Il passo è sempre quello, ripetuto… e invece sarà improvvisamente buio, buio assoluto.”
Senza pause continuò: “Si, la morte la immagino come il deserto. Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende in silenzio… e la cosa più rasserenante è che ogni deserto nasconde un pozzo in qualche luogo…”
Silenzio. Nessuno dei due parlò più. Rimanemmo in attesa. Il rumore che veniva dal motore per la prima volta giungeva alle nostre orecchie come un suono triste. Il cielo sopra e sotto di noi si popolò di nubi; navigammo tra ombre e nebbia in un mondo svuotato di luce, ricco di messaggi non raccolti. Mi parve di intravedere per un attimo, lontane, le immagini sfuocate della città di Marsiglia e il suo golfo. Poi le nubi e la nebbia ingoiarono, in basso le ultime luci e il cielo intorno a noi; non c’era più aria sopra di noi: di nuovo il nulla. Poi comparve improvvisa un’immagine ravvicinata… uno spettro. Mi parve di scorgere in essa un aereo tedesco. Un fragore sordo, improvviso.
Il Lightning si dissolse nel cielo e con lui il suo pilota: Antoine de Saint-Exupéry. Il piccolo, grande principe dei cieli, iniziò il suo ultimo volo, verso l’universo e l’assoluto. “Ma so che è ritornato nel suo pianeta, perché al levar del giorno nessuno ha più ritrovato il suo corpo”.
di Vincenzo Capuano
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