Ho utilizzato il titolo di un bellissimo film del regista tedesco Florian Henckel Donnersmarck, uscito nelle sale cinematografiche nel 2006, “La vita degli altri”, che racconta di un agente della polizia segreta della Germania dell’Est (per intenderci, quella comunista), che entra nella vita personale di un uomo e di una donna, spiando ogni loro parola e ogni loro passo, anche quello più intimo, fino ad interferire con le loro azioni.
La maggioranza di Governo ha trovato l’intesa sul testo relativo alle intercettazioni, votato su proposta dell’irrefrenabile Ministro della Giustizia. La norma prevede l’utilizzo del trojan, ovvero di quel programma che, inserito in altro programma, apparentemente utile ed innocuo, consente di spiare nella vita di ogni persona, individuandone la localizzazione, attivando videocamere per scattare foto, ricorrendo ad un microfono per registrare tutto ciò che viene detto in un ambiente, anche il più intimo (come la camera da letto). L’intesa è stata trovata con riferimento all’utilizzo delle intercettazioni anche in altri processi ed indagini, diverse da quelle per le quali il trojan è stato disposto.
Questo emendamento prevede che le intercettazioni non possono essere utilizzate in procedimenti diversi da quelli per i quali sono state autorizzate, salvo che risultino indispensabili e rilevanti per l’accertamento dei delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza o per reati molto gravi come lo spaccio di sostanze stupefacenti, il contrabbando, la pedopornografia, l’ usura.
Si è detto che la disciplina sulle intercettazioni e il conseguente emendamento ha inteso recepire le indicazioni provenienti dalla sentenza della Cassazione Penale a Sezioni Unite del 2 gennaio 2020, n. 51, che, in relazione al divieto di cui all’art. 270 codice di procedura penale, riguardante l’utilizzo delle intercettazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse erano state disposte, ha evidenziato che il divieto non opera per quei reati collegati, che non rientrano nel catalogo di cui all’art. 266 codice procedura penale (la Corte non ha, però, compiutamente scrutinato la nuova formulazione della norma, come innovata con la L. 9.1.2019, n. 3). Questa sentenza, per altro, è stata attinta da varie critiche da parte di autorevoli studiosi del processo penale, tanto da evidenziare come la stessa Corte, in altre decisioni, avesse, invece, ristretto l’ambito di utilizzo delle intercettazioni e la loro stessa diffusione mediatica.
L’emendamento, in sostanza, non prevedendo tassativamente il limite dell’utilizzo di un mezzo così invasivo, come le intercettazioni ambientali connesse al trojan, ha sostanzialmente affidato alla discrezionalità del Pubblico Ministero l’uso delle stesse per altre indagini o processi.
Ciò è dato evincere proprio dall’ assenza di un catalogo specifico, posto che la norma riferendosi in modo generico “a reati molto gravi” aggiungendo “come lo spaccio di sostanze stupefacenti, il contrabbando, la pedopornografia, l’ usura.”. finisce per ricorrere ad una elencazione esemplificativa, così lasciando, nuovamente, ed in contrasto con la stessa giurisprudenza, un’ampia libertà ad un utilizzo, a volte apparso improprio, delle intercettazioni.
Il cittadino incolpevole si troverà esposto ormai all’invasivo e indiscriminato utilizzo di intercettazioni e alla loro conseguente pubblicazione, e tanto, in uno agli altri mezzi invasivi della sfera di libertà personale, non potrà che realizzare il sogno di questa inconsapevole “classe” di governo, che intende entrare nella “vita degli altri”.
Giuseppe Fauceglia