La notizia ha già fatto il giro del mondo. Arrivando anche in Cina che si è vista «bagnare il naso» dalla potenza statunitense in fatto di supremazia medico-scientifica. Ma per l’umanità questo è un problema del tutto secondario. Gli americani hanno soldi e tecnologie e ieri hanno dato l’annuncio che il pianeta attendeva.
Per la precisione l’onore della notizia è stata concessa all’azienda biotech americana Moderna che, dopo soli 42 giorni dall’identificazione della sequenza, hanno spedito il primo lotto del vaccino sperimentale mRNA-1273 all’Istituto Nazionale delle Allergie e Malattie Infettive (Niaid), per avviare la fase 1 della sperimentazione clinica su un piccolo numero di persone che inizierà in primavera.
Lo stesso direttore del Niaid, l’immunologo Antony Fauci ha confermato l’operazione. «Stiamo esplorando diversi candidati sul fronte vaccini. E l’Istituto entro la fine di aprile potrebbe iniziare un test clinico su circa 20-25 volontari sani, testando se due dosi del vaccino sono sicure e inducono una risposta immunitaria in grado di proteggere dall’infezione».
Sicurezza per il vaccinato umano ed efficacia contro il virus. Due condizioni indispensabili per continuare la sperimentazione i cui risultati iniziali potrebbero essere disponibili a luglio o agosto. «È importante rendersi conto che lo sviluppo di vaccini sperimentali e i test clinici per stabilire la loro sicurezza ed efficacia richiedono tempo.
Un vaccino contro il nuovo coronavirus probabilmente – avverte Fauci – non sarà ampiamente disponibile per più di un anno». Il tempo, insomma, che tutti i virologhi avevano stimato come termine minimo. Se poi c’è qualche intoppo, si dovranno aggiungere altri sei mesi alla sperimentazione, e finiamo così ai 18 mesi adombrati da più parti.
Ma i tempi della scienza non si discutono. E un vaccino che previene pandemie influenzali gravi come il coronavirus potrebbe essere utilizzato in altre situazioni analoghe. Intanto adesso sappiamo che si chiama mRNA-1273, si basa su una forma stabilizzata della proteina di punta, detta Spike Protein, del coronavirus. La proteina «spike» è necessaria per l’infezione ed è stata già alla base dei vaccini contro gli altri Coronavirus responsabili della Mers e della Sars. L’Istituto americano è impegnato anche nello studio della cura del Covid-19.
«Il Niaid sta portando avanti lo sviluppo di antivirali e anticorpi monoclonali per un potenziale utilizzo contro Covid-19. Stiamo preparando – precisa Fauci – dei protocolli per studi in vitro e in vivo sull’antivirale remdesivir, che ha mostrato risultati promettenti contro altri coronavirus in modelli animali. Inoltre, gli scienziati Niaid stanno lavorando per identificare anticorpi monoclonali con potenziale terapeutico a partire da campioni stoccati di pazienti con Sars e campioni di pazienti con Covid-19».
fonte IlGiornale.it
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