Mi soffermo su una ciotola di ceramica ricca di chiazze di colore: il giallo rugoso del limone, il verde tranquillo della pera, l’arancio acceso del mandarino, e poi il marrone, il verde scuro ed il rosso, il viola. Tra i giochi di colore si perdono i miei pensieri.
Cosa sono “le cose”? Non hanno vita le cose! Eppure vivono, vivono più a lungo di noi, molto di più. Hanno un’anima. Ci capita di instaurare un legame profondo con alcuni oggetti. L’intensità del rapporto è legata alla propria cultura, al proprio vissuto, alla propria sensibilità, all’attimo in cui interagisci con esse…
E non penso a cose importanti, non penso a quadri d’autore, a libri che hanno fatto la storia, a gioielli. Penso a cose semplici.
Noi e le cose: un rapporto primitivo, poco elaborato. Ci sono cose che rimangono in un angolo della mente, presenti… per sempre.
Provo a pensare a una pietra, a una pietra bruciata del Vesuvio, a una pietra che dorme sulle rive del Colorado, a una pietra accecata dal sole sul Partenone o … a capo Nord, a segnare il limite estremo; rifletto su un sasso raccolto sulla luna… alla polvere delle stelle.
Provo a speculare sulla sabbia, a quella della spiaggia di Laganas, dove hanno riposato, in una notte quieta, le tartarughe, o alla spiaggia di Kuta, che si tinge d’oro al tramonto; alla sabbia del deserto, alla sabbia che gravita nello spazio cosmico, alla ricerca di un perché; alla sabbia che il vento trascina lontano…e le cose diventano sensazioni, emozioni, ricordi, certezze.
Riguardo il foglio bianco e penso a coloro che stanno in prima linea a cercare di sconfiggere il virus e su quel foglio vorrebbero scrivere certezze, ma non esistono certezze… se non speranze, e provano a scrivere dei protocolli sperimentali per capire quali sono i farmaci che riducono la mortalità.
Sono in studio alcuni antivirali, in particolare il Remdesivir, e un farmaco (Tocilizumab) che agisce sull’infiammazione antagonizzando l’Interleuchina-6, oggi utilizzato nell’artrite reumatoide, che sembrerebbe efficace in alcune categorie di pazienti… ma purtroppo ad oggi… nessuna evidenza. La consapevolezza di dover fare in fretta, ma soprattutto con rigore scientifico. Le uniche certezze sono che tutto questo finirà (la Cina ha dimostrato che è possibile) e che sta a noi farlo finire il più presto possibile…
Cambio di nuovo pensieri e ritorno alle piccole cose che animano il mondo. Piccole cose che insegnano a riflettere.
Provo a pensare alla terra, alla terra dei contadini del Sud, alla terra d’Egitto, alla terra di Hiroshima, alla terra di Sarajevo, alla terra di Siria ed al suo sangue… E le cose si tingono di storia indelebile, di tristezza.
Siamo noi che diamo vita alle cose, le coloriamo, le costruiamo, le modifichiamo, le interpretiamo. Attribuiamo a esse un valore, e poi un altro, e poi un altro ancora.
Osservo gli oggetti che mi circondano e in essi ritrovo emozioni, ricordi smarriti. Rappresentano nodi, intrecciati e mai più sciolti, con la vita degli altri; anelli di continuità tra le generazioni, ponti che collegano storie individuali e collettive, incroci tra i numerosi percorsi del vivere.
Siamo noi che regaliamo l’anima alle cose.
Ritorno al mio foglio bianco, ora devo proprio scrivere qualcosa…
Fogli bianchi, / non colori, né linee, / uno spazio gravido d’inesistenza / saturo di attese e silenzio. / Pensieri confusi. / Traccio una retta: è il tempo che insegue l’eternità, / è un filo sottile sospeso / tra il nulla e l’impossibile. / Pensieri che rotolano cercando l’infinito. / Cose di ogni giorno.
Vincenzo Capuano
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