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Sars Cov-2 persistenza in ambiente e trasmissibilità, cose utili da sapere

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In tutte la patologie da virus respiratori la via di contagio largamente prevalente rimane quella diretta, in locali chiusi e in famiglia a persone infette, anche asintomatiche (1): è in questo senso COVID non fa eccezione (2). Anche per gli operatori sanitari, infettati in Cina in numero di oltre 2000, il contagio sarebbe spesso avvenuto in famiglia e sul lavoro solo nelle fasi iniziali della pandemia, in cui non erano state ancora adottate misure di protezione adeguate e sufficienti.

In un recente studio sulle modalità di trasmissione dei virus influenzali é stato dimostrato che la tosse non è necessaria per l’emissione di virus e che ciononostante gli aerosol infetti espirati provengono essenzialmente dalle vie respiratorie inferiori (3).

Un dato controverso è quello che concerne la persistenza del virus in ambiente e su determinati materiali piuttosto che su altri, valutata, in alcuni casi, anche in giorni: dato certamente da non trascurare non solo per la protezione personale, ma anche per il contenimento dell’epidemia. Le norme igieniche personali e ambientali sono state del resto ampiamente e insistentemente ricordate anche in questi giorni. D’altro canto, si tratta come sempre, di dati da interpretare.

Soprattutto quale è la “biodisponibilità” di virus disseminati su un lavello o sul pavimento e in luoghi pubblici? E per quanto tempo il virus rimane in forma attiva al di fuori di cellule e organismi? Interessanti sono, in questo senso, due recenti articoli.

Il primo è un lavoro di revisione della letteratura sulla persistenza dei coronavirus umani e animali su superfici inorganiche e sulle tecniche di inattivazione con agenti biocidi (4).

L’analisi di 22 studi rileva che i coronavirus umani della sindrome respiratoria acuta grave (SARS), della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e i coronavirus umani endemici (HCoV) possono persistere su superfici inanimate come metallo, vetro o plastica molto a lungo fino a 9 giorni, ma possono essere inattivati ​​efficientemente in 1 allo 0,5% o ipoclorito di sodio allo 0,1%. Altri agenti biocidi come 0,05 e 0,2% di benzalconio cloruro o 0,02% di clorexidina digluconato sono meno efficaci.

Il secondo studio, altrettanto recente, pubblicato su NEJM ha verificato le possibilità di trasmissione per aerosol e fomiti di SARS-CoV-2, paragonandola a quella già saggiata su SARS-CoV della prima SARS oltre 15 anni fa (5). La capacità di rimanere relativamente attivi e infettivi in ambiente per molte ore (e a volte per giorni) è nei due virus abbastanza simile, a dimostrazione che le differenze nelle caratteristiche epidemiologiche nelle due epidemie probabilmente derivano da altri fattori (cariche virali nel tratto respiratorio superiore (6) e possibilità da parte di persone infettate da SARS-CoV-2 ma ancora asintomatiche di trasmettere il virus (7).

Il tempo di persistenza di entrambi i virus in ambiente (in stato attivo) pur se confermata, appare di durata più limitata di quanti emerso da altri studisarebbe di alcune ore negli aerosol (con lenta riduzione del titolo infettivo) e più lunga su superfici di acciaio inossidabile e plastica (SARS-CoV-2 è stato rilevato attivo fino a 72 ore dopo l’applicazione su queste superfici sebbene il titolo fosse rapidamente ridotto dopo poche ore) rispetto a rame e cartone.

Questi dati devono indurre la massima cautela nell’assistenza ad un paziente affetto da COVID-19, sospetto o accertato, soprattutto nell’assistenza domiciliare, evitando interventi che facilitino la diffusione del virus nell’ambiente, come l’aereosol o manovre che possono indurre tosse, utilizzando presidi di protezione adeguati ed adottando rigorose norme igieniche

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