In un recente studio sulle modalità di trasmissione dei virus influenzali é stato dimostrato che la tosse non è necessaria per l’emissione di virus e che ciononostante gli aerosol infetti espirati provengono essenzialmente dalle vie respiratorie inferiori (3).
Un dato controverso è quello che concerne la persistenza del virus in ambiente e su determinati materiali piuttosto che su altri, valutata, in alcuni casi, anche in giorni: dato certamente da non trascurare non solo per la protezione personale, ma anche per il contenimento dell’epidemia. Le norme igieniche personali e ambientali sono state del resto ampiamente e insistentemente ricordate anche in questi giorni. D’altro canto, si tratta come sempre, di dati da interpretare.
Soprattutto quale è la “biodisponibilità” di virus disseminati su un lavello o sul pavimento e in luoghi pubblici? E per quanto tempo il virus rimane in forma attiva al di fuori di cellule e organismi? Interessanti sono, in questo senso, due recenti articoli.
Il primo è un lavoro di revisione della letteratura sulla persistenza dei coronavirus umani e animali su superfici inorganiche e sulle tecniche di inattivazione con agenti biocidi (4).
L’analisi di 22 studi rileva che i coronavirus umani della sindrome respiratoria acuta grave (SARS), della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS) e i coronavirus umani endemici (HCoV) possono persistere su superfici inanimate come metallo, vetro o plastica molto a lungo fino a 9 giorni, ma possono essere inattivati efficientemente in 1 allo 0,5% o ipoclorito di sodio allo 0,1%. Altri agenti biocidi come 0,05 e 0,2% di benzalconio cloruro o 0,02% di clorexidina digluconato sono meno efficaci.
Il secondo studio, altrettanto recente, pubblicato su NEJM ha verificato le possibilità di trasmissione per aerosol e fomiti di SARS-CoV-2, paragonandola a quella già saggiata su SARS-CoV della prima SARS oltre 15 anni fa (5). La capacità di rimanere relativamente attivi e infettivi in ambiente per molte ore (e a volte per giorni) è nei due virus abbastanza simile, a dimostrazione che le differenze nelle caratteristiche epidemiologiche nelle due epidemie probabilmente derivano da altri fattori (cariche virali nel tratto respiratorio superiore (6) e possibilità da parte di persone infettate da SARS-CoV-2 ma ancora asintomatiche di trasmettere il virus (7).
Il tempo di persistenza di entrambi i virus in ambiente (in stato attivo) pur se confermata, appare di durata più limitata di quanti emerso da altri studi: sarebbe di alcune ore negli aerosol (con lenta riduzione del titolo infettivo) e più lunga su superfici di acciaio inossidabile e plastica (SARS-CoV-2 è stato rilevato attivo fino a 72 ore dopo l’applicazione su queste superfici sebbene il titolo fosse rapidamente ridotto dopo poche ore) rispetto a rame e cartone.
Questi dati devono indurre la massima cautela nell’assistenza ad un paziente affetto da COVID-19, sospetto o accertato, soprattutto nell’assistenza domiciliare, evitando interventi che facilitino la diffusione del virus nell’ambiente, come l’aereosol o manovre che possono indurre tosse, utilizzando presidi di protezione adeguati ed adottando rigorose norme igieniche