Intervento di Conte: 4,3 miliardi ai Comuni, 400 milioni per chi non può fare la spesa

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Il governo ha disposto il trasferimento di 4,3 miliardi di euro ai Comuni anticipando il Fondo di solidarietà comunale. A questi si aggiungono altri 400 milioni che saranno destinati, in particolare, ad aiutare quei cittadini che in questi giorni di emergenza «non hanno soldi per fare la spesa». Lo ha annunciato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in una diretta tv e sui social, spiegando che «nasceranno dei buoni spesa con cui si potranno acquistare beni alimentari. I comuni, anche con l’aiuto del terzo settore potranno consegnarli ai bisognosi». Per questo saranno coinvolti in particolare i sindaci, «che sono le nostre sentinelle sul territorio». Conte ha poi aggiunto che l’esecutivo sta facendo di tutto anche per erogare entro il 15 aprile la cassa integrazione per tutti coloro che in questi giorni non possono lavorare. «Vi chiedo di comprendere il nostro sforzo — ha commentato Conte —, la macchina statuale richiede procedimenti complessi, stiamo facendo l’impossibile. Non vogliamo lasciare nessuno solo abbandonato a se stesso, soprattutto in un momento in cui ci sono delle sofferenze ancora più acuite».
«Il nostro obiettivo è assicurare liquidità a famiglie, imprese e lavoratori — ha detto ancora il capo del governo —. E stiamo rivedendo le misure di protezione sociale ampliando le fasce da coprire». Anche perché, ha sottolineato, non ci sono ancora dati che possano far pensare ad una ripresa delle attività bloccate. Di certo, però, «scuole e università non riapriranno il 3 aprile»
L’intervento di Conte è arrivato a poca distanza dalle parole della presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Layen, che aveva di fatto bocciato l’ipotesi dei «coronabond» europei per aiutare gli Stati alle prese con l’emergenza epidemia. « Il compito della proposta non è rimesso alla presidente della commissione, le proposte le elaborerà l’Eurogruppo» ha sottolineato il presidente del Consiglio. «Quello che mi permetto di dire — ha aggiunto — è che l’Europa deve dimostrare di essere all’altezza di questa chiamata della storia. E’ uno shock simmetrico che riguarda tutti gli stati membri, nessuno è esente». E ancora: «Non c’è uno Stato membro che si salva da solo. Si tratta di dimostrarsi inadeguati o no. L’Italia è consapevole della reazione poderosa che la storia ci chiama ad operare. Non passerò alla storia come chi non ha fatto nulla, mi batterò fino all’ultima goccia di sudore».
La speranza guarigioni
Conte aveva esordito rivolgendo un pensiero alle vittime del coronavirus, che sono salite in Italia a più di 10 mila, e ai loro famigliari. Ma, riferendosi al bollettino quotidiano dei dati, ha detto anche di sentirsi incoraggiato dal numero dei guariti, che oggi ha registrato il numero più alto dell’ultima settimana, e ha spiegato che «all’inizio della prossima settimana ci sarà un confronto con gli scienziati del comitato tecnico scientifico e confidiamo che ci portino delle buone notizie». In ogni caso, ha aggiunto, «ci manteniamo sempre vigili e attenti per adeguare le nostre valutazioni».

5 Commenti

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  • L’ Europa è finita lo volete capire o no. Era stata una bella cosaa per noi italiani è stata una incul.ta pazzesca. Quando ne usciremo sarà troppo tardi.

  • E SE QUALCUNO HA DOCUMENTI DIVERSI CE LO FACCIA SAPERE…
    “Siamo in guerra contro il Covid 19”, ripetono tutti: dai cittadini in coda per la spesa ai ministri della Repubblica. La metafora bellica è talmente abusata da risultare ormai stucchevole ma, per una volta, vale la pena usarla con criterio. Perché se siamo in guerra, tutti contro un nemico comune, c’è qualcuno che non è ancora in trincea e si sfila dalla lotta lasciando i feriti sul campo.

    Il no agli Euro o Coronabond
    E se siamo in guerra, il conflitto è mondiale più di quanto non lo sia stato il secondo, quello perso (anche ma soprattutto) dalla Germania. Uno dei paesi che, insieme a Olanda, Austria, Finlandia e Ungheria non si sente in trincea e vuole lasciare i feriti italiani, spagnoli e francesi a se stessi. Ma sono i tedeschi della Merkel i capofila dei rigoristi che non ne vogliono sapere di Eurobond o Coronabond lasciando che il sud dell’Europa se la cavi da sola.

    Il debito tedesco e l’Europa
    Alloro, tornando alla Seconda Guerra Mondiale vale la pena ricordare al popolo germanico che a suo tempo l’Europa, comprese Italia e Grecia – giusto per citare alcuni fra i paesi più “spreconi” agli occhi teutonici – abbuonarono la metà dei debiti ai tedeschi per consentire loro di risorgere. E siccome non è elegante ricordare agli amici, anche a quelli più feroci – i propri doveri, vale la pena usare come pro-memoria le parole del 2015 di un loro illustre connazionale. L’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer in un suo libro di cinque anni fa esercitò un durissimo atto di accusa contro le «politiche di euroegoismo» attuate dalla Cancelliera Angela Merkel e dal suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble. Fischer scriveva che è «sorprendente» che la Germania abbia dimenticato la storica Conferenza di Londra del 1953, quando l’Europa le cancellò buona parte dei debiti di guerra. «Senza quel regalo – scrive l’ex ministro tedesco nel suo libro – non avremmo riconquistato la credibilità e l’accesso ai mercati. La Germania non si sarebbe ripresa e non avremmo avuto il miracolo economico».

    Germania in default due volte
    Cosa successe alla Conferenza di Londra del 1953 è scritto sui libri di storia, ma è bello rinfrescarci tutti la memoria. Ricorda un articolo del Sole 24 ore che “la prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra). In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire. Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedesche alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi”. E ci ricordiamo tutti come si è invece comportata la Germania con i greci non più di qualche anno fa.

    Una cifra colossale
    “L’ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora). Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. Guerre da essa stessa provocate. I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino”.

    La fiducia mal ripagata
    E adesso veniamo alla Conferenza di Londra: “il 24 agosto 1953 ventuno Paesi (Belgio, Canada, Ceylon, Danimarca, Grecia, Iran, Irlanda, Italia, Liechtenstein, Lussemburgo, Norvegia, Pakistan, Regno Unito e Irlanda del Nord, Repubblica francese, Spagna, Stati Uniti d’America, Svezia, Svizzera, Unione Sudafricana e Jugoslavia), con un trattato firmato nella capitale britannica, le consentirono di dimezzare il debito del 50%, da 23 a 11,5 miliardi di dollari, dilazionato in 30 anni. In questo modo, la Germania poté evitare il default, che c’era di fatto”.

    Il rifiuto tedesco
    Da sottolineare che il rimanente “50% avrebbe dovuto essere rimborsato dopo l’eventuale riunificazione delle due Germanie. Ma nel 1990 l’allora cancelliere Helmut Kohl si oppose alla rinegoziazione dell’accordo che avrebbe procurato un terzo default alla Germania. Anche questa volta Italia e Grecia acconsentirono di non esigere il dovuto. Nell’ottobre 2010 la Germania ha finito di rimborsare i debiti imposti dal trattato del 1953 con il pagamento dell’ultimo debito per un importo di 69,9 milioni di euro. Senza l’accordo di Londra, la Germania avrebbe dovuto rimborsare debiti per altri 50 anni”.

    Due settimane di riflessione
    Allora noi italiani, sommessamente, consigliamo agli eredi di coloro che contrassero il debito, un ripasso della Storia, questa sì, comune. Perché quelle due settimane di tempo che hanno chiesto i paesi “rigoristi” per “riflettere” sulla richiesta dei Coronabond firmata da Italia, Francia, Spagna, Irlanda, Belgio, Grecia, Portogallo, Lussemburgo e Slovenia, ci fanno pensare che coincidano un po’ troppo con i tempi dell’incubazione. E ci fanno sospettare che, in realtà, stiano aspettando di vedere quanti danni il Covid 19 farà dalle loro parti prima di decidere se vale la pena lasciarci morire da soli o provare a salvarci tutti insieme.

    28 marzo 2020

  • In risposta a ALLA RISPOSTA (OTTIMA) DATA ALLA URSULA IO AGGIUNGO “LA” STORIA:
    Ottimo richiamo storico, mi permetta una precisazione: l’evento a cui Lei fa riferimento è sì del 1953 ma conosciuto sotto la nomenclatura di “Accordo sul debito di Londra” e non “Conferenza di Londra” (che è un altro evento).
    Chi è dalla parte di questi “cittadini di Serie A” (ma sarebbe meglio chiamarli “criminali senza scrupoli”) non potrà comprendere quali conseguenze spetteranno ai “cittadini di Serie B e C”.

  • allora perchè continuate a consumare da tempo prodotti tedeschi a cominciare dalle auto che devono marcire nei depositi multipiano che hanno, a finire agli immigrati che ci hanno mandato ,tenendosi solo i profughi siriani.
    Questa etnia (non si può più dire razza) non si smentisce mai,sono crudeli, come dimostra la storia.

  • come si è appreso ,il governo italiano, oltre a dare soldi alla Tunisia,ha dato anche soldi alla Bolivia.

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