L’hanno chiamato gruppo «Rivoluzione nazionale» e su Facebook centinaia di palermitani parlano di assalto ai supermercati minacciando un sabato di fuoco. «Alle 15.30», echeggia un audio. Seguito da una voce dialettale: «Ama a scinniri ne piazzi, tutti (Dobbiamo scendere nelle piazze…)». Con replica inquietante: «Io sono pronto a fare la guerra». E un altro: «Mettete cose imbottite e attenti ai manganelli. È buono che chiedono pietà? Butta sangue e muori…».
Il virus blocca chi si arrangia
È l’effetto collaterale della minaccia di una prossima crisi economica provocata dal coronavirus in una città dove una fetta dell’economia si regge sul lavoro nero. Dalle borgate di periferia ai quartieri popolari sono a migliaia i capifamiglia abituati a sopravvivere anche arrangiandosi con piccoli lavoretti. Tutti bloccati perché, con le strade deserte e presiediate, restano a casa i manovali di una edilizia non sempre in regola, i parcheggiatori abusivi, gli scaricatori del mercato, gli ambulanti senza licenza. E molte famiglie dicono già di essere allo stremo.
Il primo sintomo si era avuto all’inizio della settimana con un video registrato da un disoccupato accanto al suo bambino, in casa. Un messaggio Facebook diretto al presidente del consiglio: «Non ho più soldi per mangiare e comprare il latte a questo piccirriddu, signor Conte…».
Poi giovedì il primo assalto a uno dei più grandi supermercati di Palermo, a metà della circonvallazione, con trenta disperati decisi a superare le casse del Lidl senza pagare, inseguiti prima dalla sicurezza interna, poi bloccati dalle pattuglie di polizia e carabinieri. Una brutta storia. Seguita nel venerdì dell’attesa dal tam tam che allarma prefettura e forze di polizia. Già schierati i reparti anti-sommossa davanti ai centri commerciali, dal «Forum» di Brancaccio alla «Conca d’Oro» di San Lorenzo, dai supermercati del centro a quello de «La Torre», fra Cep e Borgo Nuovo, altra area a rischio.
«Un reddito di emergenza»
L’allarme per una città che boccheggia, per «una città affamata» era stato lanciato da diversi giorni. Arrivava soprattutto dalle parrocchie e dalla missione di Fra Biagio Conte che teme virus e fame per i suoi 1.500 senza-niente ospitati fra i capannoni visitati l’anno scorso da Papa Francesco. Tema ben presente a tanti uomini politici che invocano decisioni rapide del municipio. Come cerca di fare il sindaco Leoluca Orlando che, oltre a definire quei messaggi via social frutto di «sciacalli del sottobosco mafioso», non sottovaluta la materia invocando «un reddito di emergenza» per chi non sa come fare la spesa.
La carità e la città affamata
Lo conferma il suo assessore alle attività sociali Giuseppe Mattina: «La gente chiede pane e pasta. Noi non possiamo farcela da soli. Occorre almeno una somma una tantum alle famiglie dove non si mangia tutti giorni…». Cosciente di un disagio sociale ben noto a tutti. Ma da tanti affrontato, in tempi privi di misure antivirus, con quello spirito che porta ad arrangiarsi anche con attività fuori regola, a volte tollerate.
Come non accadrà nel sabato della minaccia, mentre si rafforzano i presidi delle forze dell’ordine. Bilanciati dalla corsa alla solidarietà di Caritas, Banco alimentare, Banco delle Opere di carità e altre associazioni per un aiuto porta a porta coordinato dal Comune con un sistema unico di gestione degli aiuti alimentari. Un sistema al quale si sono già registrate 1.800 famiglie.
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