Ma voglio anche immaginare che potremo uscirne quanto prima e resto fiducioso che le misure adottate e i nostri comportamenti possano essere efficaci e risolutivi. Sicuramente qualche battaglia la stiamo perdendo, ma dico che questa guerra il popolo italiano la vincerà. E si potrà pensare di tornare anche a giocare”.
E a tal proposito il dirigente granata sembra avere più di un’idea: “Un calciatore ingaggiato deve superare una serie di test e visite mediche. Se un club fa giocare un atleta che non è in possesso dei requisiti d’idoneità, i primi a pagarne penalmente le conseguenze sono i presidenti e i dirigenti. Dunque, le società sono interessate più di tutti alla salute dei giocatori.
L’idoneità all’attività sportiva viene rilasciata dopo visite effettuate presso centri specializzati. E, nel caso specifico, dopo i tamponi antivirus. Questo disciplinare che viene proposto con grande rilievo, in realtà, ha bisogno di tre giorni. Ma andrebbe allargato anche a tecnici e a quei tesserati per i quali è richiesta un’idoneità. E poi penso agli arbitri di cui nessuno parla. Come mai? Anche loro fanno parte del sistema”.
La soluzione secondo Fabiani: “Sarebbe bene far giocare determinate partite nelle città in cui l’epidemia non è diventata un’emergenza profonda, anche grazie alla tempestività delle misure restrittive adottate dal Governo centrale e dai Governatori e dai Sindaci, complice un grande senso civico della popolazione. Si potrebbe lavorare intorno all’ipotesi di far giocare le squadre maggiormente interessate dalla pandemia su campi alternativi.
Penso a Frosinone, Pescara, Benevento, Cosenza, Crotone, Reggio Calabria, Ascoli, Bari, Lecce, Taranto, San Benedetto del Tronto, Palermo, Catania, Messina o in altri impianti di Serie C adeguati. Serve un grande senso di responsabilità e molta umiltà da parte di tutti. Vedo molti attori di questa vicenda che parlano a sproposito senza dire niente e senza suggerire soluzioni concrete agli enormi problemi determinati dall’emergenza sanitaria che rischiano di travolgere ogni cosa”.
Insomma, secondo il dirigente granata, tornare in campo è inevitabile: “Esattamente. Penso ai proventi degli accordi televisivi di cui il nostro calcio a qualsiasi livello non può fare a meno che verrebbero in parte meno. Immagino le migliaia e migliaia di sponsor che sparirebbero perché il contratto in essere non sarebbe onorato in quanto non ci sarebbero state le prestazioni sportive che hanno determinato a monte gli accordi. E ciò si aggiungerebbe ai mancati incassi ai botteghini.
D’altra parte gli abbonati non sono solo quelli delle società, ma anche quelli delle piattaforme tv. Si potrebbero studiare abbonamenti dedicati per mettere insieme le due esigenze ed evitare. Deve essere, come ha detto il presidente federale Gravina, l’ultima ratio dopo aver verificato e valutato soluzioni meno impattanti. Nelle ultime stagioni – non solo in B per la questione del format e per i casi Palermo, Foggia, Avellino – abbiamo constatato con mano come certe contrapposizioni possono diventare devastanti. Dovremo fare di necessità virtù.
Quella virtù che da sempre ha contraddistinto il popolo italiano. Io dico che ce la faremo. Senza dimenticare un particolare. Portare a termine i campionati di A, B e C, cioè il professionistico, significa salvare anche il vastissimo mondo dei dilettanti che racchiude migliaia di società dalle quali il nostro movimento non può prescindere. Ma sono certo che chi governa a livello apicale il calcio e lo sport italiano metterà in campo tutte le risorse e le intelligenze disponibili affinché il virus non vinca la guerra in atto”.