Storicamente, e per natura intrinseca, l’infermiere è olistico, anche se talora le condizioni organizzative e culturali hanno potuto modificare questa natura a favore di una infermieristica legata non più alla visione dell’uomo in senso globale, ma ad una visione riduzionistica, dove il focus è solamente il corpo malato, che ha bisogno di essere assistito in una sua parte specifica, e, di conseguenza, di un’assistenza specializzata all’organo, non alla persona in cui malattie e disabilità sono considerate entità oggettive separabili e che non possono essere influenzate da pensieri ed emozioni.
Nel modello olistico, invece, la malattia e il dolore hanno anche una componente psicosomatica, psicologica, sociale e spirituale che talora possono agire come fattori eziologici sicché l’intervento olistico infermieristico gioca un ruolo importante nel mantenimento della salute e del benessere individuale.
L’attuale emergenza sanitaria impone, per la prima volta, che i pazienti ricoverati non possono ricevere visite e sappiamo bene quanto il supporto affettivo sia importante in ogni percorso di cura.
Ma in questo contesto caratterizzato dal distanziamento sociale e da un profondo cambiamento dei comportamenti relazionali la tecnologia si rivela fondamentale perché rappresenta strumento che ci consente di accorciare la distanza, di poter in qualche modo partecipare alla vita delle persone care.
Questo vale ancora di più all’interno di un contesto di degenza e isolamento in cui sono i pazienti contagiati dal covid-19, spesso costretti a restare in ospedale molti giorni, a cui si aggiunge la quarantena alla dimissione.