Se lo dice Nature, una delle più prestigiose riviste scientifiche al mondo, dobbiamo crederci, o quantomeno sperare che abbiano ragione. Negli ultimi tempi infatti la comunità scientifica aveva espresso diverse posizioni sul rischio recidiva. Asesso lo studio, approvato dalla Commissione etica della cinese Chongqing Medical University, conferma che i pazienti guariti dal Covid-19 producono gli anticorpi contro il virus anche se in quantità variabile.
Ecco lo studio
Come riporta Liberoquotidiano, gli studiosi cinesi hanno analizzato 285 pazienti colpiti dal virus: entro 19 giorni dai primi sintomi della malattia il 100% è risultato positivo all’immunoglobulina G antivirale. Gli autori, si legge nello studio, segnalano “risposte anticorpali acute a Sars-Cov-2 in 285 pazienti con Covid-19”, su 285 arruolati. “La sieroconversione per IgG e IgM si è verificata contemporaneamente o in sequenza. Entrambi i titoli” anticorpali “di IgG e IgM hanno raggiunto il plateau entro 6 giorni dalla sieroconversione”.
Questo risultato renderebbe affidabile ed ancor più importante la diagnosi sierologica che, nel caso fosse accertato definitivamente che gli anticorpi sviluppati dal nostro organismo siano proteggenti, la malattia non potrebbe più ripresentarsi.
Verso un’immunità di gregge?
A proposito di anticorpi, molte malattie si possono prendere soltanto una volta nella vita perché l’organismo ne produce una tipologia in grado di proteggerci vita natural durante; per altre malattie, invece, può esserci una “ricaduta” nel caso in cui gli anticorpi non siano “di lungo termine” come accade per l’epatite C, quando “i pazienti guariti producono moltissimi anticorpi contro il virus che però non forniscono alcuna protezione contro una reinfezione”, specifica il virologo Roberto Burioni sul proprio profilo Twitter.
Ridotti i tempi del vaccino
Ad una bella notizia, se ne aggiunge un’altra, perché i tempi per avere il primo vaccino potrebbero essere straordinariamente brevi, addirittura per settembre. Fosse così, il merito sarebbe equamente diviso tra la nostra azienda italiana, l’ Advent-Irbm di Pomezia, la quale sta mettendo a punto l’immunizzante in collaborazione con gli scienziati del Jenner Institute dell’ Università di Oxford, riconosciuta dal New York Times come la squadra di ricerca in fase più avanzata. Lo scatto in avanti è stato confermato all’AdnKronos da Matteo Liguori, manager dell’azienda romana. “Entro fine maggio saranno sottoposti al test seimila volontari, verranno reclutati mano a mano e sottoposti al vaccino”.
Iniziata la sperimentazione sull’uomo
L’azienda di Pomezia ha comunicato di essere passata direttamente alla fase di sperimentazione clinica sull’uomo in base ai risultati di laboratorio ritenendo “sufficientemente comprovata la non tossicità e l’efficacia” dell’ immunizzante. Il vaccino sfrutterebbe le potenzialità di un virus in grado di trasportare immediatamente nell’ organismo gli antigeni di Sars-Cov-2 capaci di stimolare la risposta immunitaria: in caso di contatto con il Covid, il sistema difensivo si attiverebbe subito.