Il nuovo contesto ci sembra possa oggi aprire ‘spazi di serenità’ sufficienti a favorire la discussione delle nostre riflessioni che, da liberi cittadini, intendiamo sottoporre ai soggetti responsabili chiamati ad assicurare il ritorno alla normalità.
In via preliminare, ci sia consentito di esprimere profonda delusione per le proposte quotidianamente formulate da specifici ‘portatori di interessi’ e, per questo, prive della necessaria attenzione verso i delicati equilibri sui quali si sostiene l’intera Comunità, già segnata da una pregressa situazione di sofferenza. Anche sociale.
Per spiegarci, facciamo una analisi dei problemi.
In assenza di una precisa missione industriale e con poche aziende di trasformazione, la parte produttiva della Città è costituita da attività artigianali ‘di servizio’ con un mercato in buona parte locale. Nel settore del commercio, la realizzazione ‘intensiva’ di strutture di grandi dimensioni ha inaridito la domanda verso le attività di vicinato e la chiusura ‘a frotte’ delle saracinesche ha causato il degrado di molti quartieri del centro e della periferia. Sui servizi c’è poco da dire. Proprio perché sono pochi e sono in buona parte ‘datati’.
Il turismo, poi, a parte le tante parole, non è ancora riuscito ad esprimere gli attesi flussi ‘stanziali’, in entrata, per la carenza di attrattori. Mancano spiagge e mare pulito, e buona parte delle memorie storiche sono in stato di abbandono. Così, gli arrivi effettivi non sono significativi ai fini statistici (vedi Istat) avendo sommato, nel 2018, solo 190.496 presenze (fonte EPT), in massima parte ‘volatili’ perché legate ai viaggi verso le due Costiere.
Solo le attività di ristorazione, tra bar, paninoteche, pizzerie e altre, hanno conservato una sufficiente vitalità. Epperò, sono quelle che potrebbero essere penalizzate dalla crisi per l’impossibilità di rispettare le regole del distanziamento sociale anche a causa delle dimensioni dei locali, spesso piccoli se non piccolissimi.
Così, con esse, sarebbero verosimilmente falcidiate le categorie dei lavoratori più deboli quali: manovali e operai, venditori, commessi, magazzinieri, camerieri, addetti alle pulizie, meccanici (fonte: Inapp).
Tutto questo, guardando al settore privato.
Se ci volgiamo al settore pubblico, dobbiamo rilevare che, già nei giorni scorsi, il Presidente della Provincia ha lanciato un allarme per la contrazione delle risorse finanziarie da destinare alla copertura delle opere di competenza. E ha invitato tutti i responsabili dell’Ente a ridurre le spese.
Nulla si sa, poi, della situazione del Comune e nessuno, salvo errore, riferisce degli effetti di presumibili riduzioni delle entrate di natura tributaria ed extratributaria.
In verità, temiamo sia concreto il rischio di criticità.
Nel documento contabile del 2018, ultimo approvato, per il primo titolo delle Entrate l’Ente ha incassato una quota tra il 60 ed il 65% dell’accertato e, sui residui attivi, intorno al 15%. Le entrate extra-tributarie sono state incassate al 32%. Eppure, il 2018 era un anno ‘normale’.
Se lo slittamento degli incassi, i minori versamenti, il taglio delle tariffe, la riduzione di multe e sanzioni, dovessero causare una diminuzione degli incassi pari solo al 15%, si potrebbe generare un ‘buco’ compreso tra i 15 e i 20milioni di euro, a parità di spese. Ovviamente, i maggiori esborsi che la crisi ha reso necessari potrebbero accrescere ancor più i problemi.
Né va dimenticato che, sempre a fine 2018, l’Ente ha dichiarato un indebitamento finanziario pari a 179,8milioni e, nel conto patrimoniale, debiti finanziari complessivi per 367,9milioni oltre a debiti verso fornitori per 115,1milioni e verso altri per 47,5milioni.
In sostanza, questa crisi può indurre alla adozione di provvedimenti gravi, fino alla riduzione delle spese ordinarie e per servizi ai cittadini. Un danno enorme.
Tutto questo può spiegare perché, a nostro parere, sia necessario ‘guardare alla realtà’ con una visione complessiva ed univoca nella quale ricomprendere, tra gli altri, anche i problemi ambientali.
Nei giorni della crisi, il nostro mare ha ripreso il suo colore verde-acqua e il cielo il suo azzurro. L’aria è divenuta più pulita e la notte più luminosa. I prati si sono rinnovati, i fiumi sono ritornati limpidi, tra essi anche il Sarno, e i pesci, gli uccelli e tutti gli animali hanno riconquistato i loro spazi. La Città ha ripreso a respirare, senza polveri sottili, senza fumi, senza inquinanti, senza stridori, senza tremori, senza auto. Eppure, è bastato un giorno, giusto il 4 Maggio, per vedere cambiata ogni cosa. In peggio. A cominciare dal fiume Sarno.
Allora: veramente abbiamo nostalgia del caos nel quale si svolgeva la nostra vita? Siamo sicuri di voler continuare a respirare i veleni, vedere le auto in doppia/tripla fila, la sporcizia in giro dappertutto e vivere tra abbandono e degrado? Siamo in grado di capire che, ritornando al passato, non avremo futuro?
Questa tragedia ci ha dimostrato l’urgenza di un ritorno al rispetto della natura in una posizione di sostanziale equilibrio. Non di presunta e suicida superiorità. Non si tratta di incidere sulle nostre libertà, ma solo decidere di esercitarle in modo diverso, come avviene in tanti Paesi veramente europei. In campo ambientale, Svezia, Norvegia, Finlandia, possono insegnarci molto.
Se la vita è preziosa e va vissuta, allora deve essere assolutamente difesa. E, quindi, non possiamo continuare nella egoistica distruzione del territorio e lasciare ai nostri figli il deserto. Saremmo maledetti per il solo fatto di averli messi al mondo e di aver contemporaneamente rivestito, nei loro confronti, i panni degli assassini.
In definitiva, noi vorremmo che questa delicata fase, così complessa, possa costituire l’occasione per cambiare le logiche di indirizzo affinché ogni decisione si dimostri in grado di soddisfare tre vincoli specifici e, cioè, sia coerente con la missione produttiva della Città (quale?), sia compatibile con le esigenze dell’Amministrazione e, infine, sia rispettosa di nuovi equilibri ambientali.
Per quanto ci può riguardare, di questo vogliamo parlare nei prossimi incontri proponendo, con un ‘manifesto’, nuovi percorsi volti a cancellare i segni evidenti di scelte anonime, generiche e fortemente piegate agli interessi di pochi.
La nostra Città non deve rinascere. Deve semplicemente risorgere, ricollegandosi alla sua identità, alla sua cultura, alla sua umanità, e continuando a scrivere sull’unico libro della sua storia millenaria.
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