Ad evidenziare una situazione di estrema difficoltà per la categoria il dato che rileva come il 59% degli intervistati abbia ammesso di avere imprese clienti che hanno deciso di non riaprire dopo il lockdown. Nel dettaglio, per il 29% del campione si tratta di meno del 5% e per un altro 16% riguarda un’azienda su dieci, mentre per il 14% interessa più di una su dieci. Inoltre, per i Commercialisti intervistati, la ragione principale che spinge le imprese a cessare l’attività è la carenza di liquidità, seguita dall’eccessiva onerosità dei protocolli di sicurezza e dal rischio penale covid-19.
Dallo studio emerge come, secondo il campione, le imprese clienti che beneficiano della sospensione dei versamenti di cui all’art. 18 del DL Liquidità siano più numerosa della platea che beneficia del Fondo perduto di cui all’art. 25 del DL Rilancio. Infatti, per il 49% dei Commercialisti, le prime sono molto numerose, mentre la stessa percentuale scende al 39% se riferito al secondo caso.
“I dati che emergono da questo sondaggio – afferma il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani – certificano inequivocabilmente la condizione di sofferenza della categoria, ma anche il fatto che una fetta molto rilevante di quanti dichiarano perdite significative rimane tagliata fuori non solo dall’accesso ai contributi a fondo perduto – incredibilmente inibito dal Dl Rilancio a tutti i professionisti – ma anche dal bonus 600 euro.
Per questo diciamo da settimane che la politica sta colpevolmente sottovalutando la situazione che stanno vivendo commercialisti e professionisti in generale. Bisogna garantire ai professionisti ordinistici un trattamento uguale a quello riservato alla imprese. Con le altre categorie professionali siamo impegnati a far passare questo principio in sede di conversione parlamentare del Dl Rilancio”.