«Da giorni vedevamo tamponi con una bassa carica virale. Poi ce ne è capitato uno di un paziente asintomatico con una carica molto alta. La cosa ci ha stupito. Quando abbiamo isolato il virus abbiamo scoperto che era più debole di tutti quelli che avevamo visto». Caruso spiega che il processo visto nei laborati che dirige negli Spedali di Brescia è del tutto naturale: «Un virus che si deve replicare ha a che fare con il nostro sistema immunitario che lo combatte. A un certo punto deve mutare per non farsi riconoscere».
Uno degli aspetti più importanti di questa mutazione riguarda l’aggressività del virus contro le cellule dell’organismo: «Eravamo abituati a vedere il virus come una bomba, capace di sterminare le cellulle in 2 o 3 giorni. Questa variante che abbiamo scoperto necessitava di almeno 6 giorni». Bisogna poi tenere conto che con l’arrivo del caldo ha contibuito a ridurre la pericolosità del SARS-Cov-2: «In questo momento ogni virus ha difficoltà a trasmettersi per il calore del sole».
Pericolo scampato quindi? Non esattamente. «La storia della virologia ci insegna che i virus possono tornare ancora potenti e aggressivi come li abbiamo conosciuti nella prima ondata. È una scena che si è sempre ripetuta». In attesa di un vero vaccino poi, Arnaldo Caruso consiglia di cominciare a fare in autunno quello contro l’influenza: «Le coinfezioni sono più pericolose di una infezione singola. Essere vaccinati contro l’influenza ci permettere di individuare meglio il Covid-19 visto che i sintomi sono simili».
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