Dai bicchieri di vetro alle maniglie delle porte, fino ad arrivare alle pentole in acciaio e al display degli smartphone, il Sars-CoV-2 non supererebbe i 2 minuti di permanenza sulle superfici.
Si tratta di dati in netto contrasto con altri studi che indicano la sopravvivenza del virus fino a 17 giorni su determinate tipologie di materiali.
Questi risultati, ha spiegato Bhardwaj, sarebbero in grado di “spiegare la diffusione lenta o rapida dell’infezione in una particolare città e “potrebbe non essere l’unico fattore, ma sicuramente conta nel tasso di crescita dell’infezione”.
Coronavirus sulle superfici: dipende dalla resistenza delle goccioline
Secondo quanto hanno scritto i ricercatori, tutto dipende dalle goccioline che trasportano il virus: una volta che queste sono evaporate, “il virus residuo muore rapidamente” e la sua sopravvivenza è direttamente influenzata dal tempo in cui esse restano intatte.
Gioca un ruolo importante, quindi, il tempo di evaporazione delle goccioline di saliva e – mettendo a confronto le superfici di New York, Chicago, Los Angeles, Miami, Sydney e Singapore – sono emerse differenze rilevanti.
Una temperatura ambiente più elevata, infatti, fa asciugare più rapidamente le goccioline, riducendo drasticamente le possibilità di sopravvivenza del virus.
Coronavirus, quanto resiste sulle superfici: il ruolo dell’umidità
Al contrario, in luoghi con una maggiore umidità, le goccioline restano più a lungo sulle superfici e, a detta dei ricercatori, le possibilità di sopravvivenza del virus aumentano.
Per fare un esempio, la ricerca ha esaminato il tempo di asciugatura di una gocciolina in un ambiente interno con aria condizionata, a 25 gradi, contro uno esterno a 40 gradi.
Se a 25 gradi il tempo di evaporazione per le goccioline piccole è di 6 secondi e aumenta a 27 secondi per le goccioline di grandi dimensioni, a 40 gradi invece il tempo di evaporazione si riduce del 50%.
Infine, con l’umidità, il tempo di evaporazione di una gocciolina aumenta di quasi 7 volte e diventa maggiore di 2 minuti per le goccioline più grandi.
In conclusione, secondo gli autori della ricerca, questo potrebbe rivelarsi un problema serio con l’aumento dell’umidità nelle zone costiere in estate e nei luoghi dell’Asia colpiti dai monsoni tra luglio e settembre.