Con Djokovic, asintomatico, è risultata positiva al tampone anche la moglie Jelena, mentre sono negativi i figli di Nole. «Quello che abbiamo fatto in questi mesi – si legge nel comunicato diffuso dallo staff del serbo – lo abbiamo fatto con le intenzioni più pure e sincere. Il nostro torneo voleva trasmettere un messaggio di solidarietà, e aiutare i tennisti dell’Europa del sud-est a riprendere l’attività dopo il diffondersi del Covid.
Abbiamo organizzato il torneo con l’obiettivo di raccogliere fondi, credendo che il virus fosse diminuito e che ci fossero le condizioni per giocarlo. Ma sfortunatamente il virus è ancora tra noi, ed è una realtà a cui dobbiamo abituarci. Sono estremamente dispiaciuto per tutti i casi, spero di non aver complicato la salute di nessuno e che tutti possiate stare bene. Rimarrò in autoisolamento per 14 giorni e ripeterò il test tra cinque».
La bufera sull’Adria Tour si era già scatenata ben prima della positività di Grigor Dimitrov: spalti pieni, zero distanziamento, attività collaterali, selfie con i tifosi, serate in discoteca. Dopo gli attacchi social di Nick Kyrgios, in mattinata sulle colonne del Times erano arrivate anche le parole di Andy Murray:
«Ho sempre avuto un bel rapporto con Nole, ma quanto accaduto in questi giorni non ha dato una bella immagine del tennis. È importante che gli atleti di rilevanza mondiale mostrino di prendere molto sul serio quanto sta accadendo, rispettando le misure di distanziamento sociale. Se tutti fanno ciò che vogliono, il tennis farà fatica a ripartire».
Il rischio è quello di aver «riacceso», con il torneo, un focolaio tra Belgrado, in Serbia, sede della prima tappa, e Zara, in Croazia, dove si è giocato fino a sabato, quando Dimitrov si è ritirato in preda a una stanchezza sospetta, tornando a Montecarlo per fare il tampone, passando per una serie di eventi aperti al pubblico e gremiti di bambini, attirati dalla possibilità di incontrare i campioni, stadi pieni e persino una festa in discoteca.
Ci si chiede quanti casi potranno nascere dagli assembramenti dissennati del calcio e del tennis, mentre il n.3 del mondo Dominic Thiem, il n.7 Alexander Zverev, il russo Andrei Rublev e il croato Marin Cilic annunciano test negativi in tweet tutti uguali di profonda contrizione («Ci dispiace aver messo a repentaglio la salute altrui, cominciamo 14 giorni di quarantena volontaria»), lacrime di coccodrillo di chi avrebbe dovuto muoversi con più coscienza del pericolo.
Violente le critiche al Djoker sui social, anche da parte dei colleghi («Complimenti per la leadership!» sbotta Nick Kyrgios), mentre cresce il partito di chi vorrebbe che il serbo si dimettesse dal ruolo di capo del sindacato. A fine agosto 600 tennisti entreranno nella «bolla» dell’ Open Usa a porte chiuse (test a raffica, alberghi blindati): difficile contare sul buonsenso di tutti, come l’ Adria Tour tristemente insegna.