Se la Lazio entusiasmante è solo un lontano ricordo, il calcio champagne del Sassuolo è frutto di una squadra che gioca a memoria. Chiunque ci sia in campo, sa cosa deve fare. Il turnover scientifico di De Zerbi in questo senso permettere ai neroverdi di tenere un ritmo che forse nessuno in questo momento sa sostenere: pronti via e in panchina ci rimangono Berardi e Caputo, persino Muldur. Ma quasi non fa differenza, perché pure un baby come l’esordiente Raspadori sa cosa deve fare e lo fa alla grande. È lui a sbloccare il risultato, ma in aiuto della Lazio arriva una controversa decisione di Di Bello al Var, che annulla per fuorigioco nonostante l’ultimo tocco sembrasse proprio di Parolo. Poi è la traversa a salvare Strakosha. E mentre il Sassuolo fa e disfa, un rimpallo consente a Luis Alberto di portare un po’ a sorpresa la Lazio in vantaggio.
A PEZZI – Ma nella ripresa un nuovo ribaltone spazza via le ultime tracce di Lazio, proprio come capitato a Lecce. Nel destino di questa gara c’era evidentemente la firma di Raspadori, capace di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto per il gol dell’1-1. Poi il copione vede una squadra in salute tenere bene il campo (il Sassuolo) e un’altra cercare energie che più non ha per provare a ritrovare la vittoria dopo due ko consecutivi (la Lazio). Solo che un crampo dietro l’altro sotto il sole cocente di Roma non c’è più spazio per le speranze di Inzaghi che non sa come ripristinare una versione arrembante della sua squadra. E a tempo scaduto ecco l’ennesimo passaggio a vuoto, con Caputo che da due passi trova la rete della vittoria portando a 16 il bottino personale. Lui c’è, sempre o quasi. Il Sassuolo c’è, sempre, al di là di chi scenda in campo. La Lazio invece non c’è più, cosi come la Salernitana di Ventura che ieri ad Ascoli ha rimediato l’ennesima figuraccia.