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“Improbabile seconda ondata”. L’immunologo Le Foche smonta lo stato di emergenza

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L’immuno-infettivologo Francesco Le Foche sembra escludere la possibilità di una seconda ondata di coronavirus, anche perché, ormai, abbiamo fatto una certa esperienza.

Seguendo le tre regole fondamentali possiamo cavarcela. Mascherina, lavaggio mani ed equilibrio nei comportamenti. Lo scrive IlGiornale.it

Le Foche, intervistato da Giancarlo Dotto ha affrontato diversi temi relativi alla pandemia che stiamo vivendo dallo scorso marzo. Da ormai cinque mesi la nostra vita è cambiata, in peggio, e la strada sembra ancora lunga e tortuosa. Dpcm dopo Dpcm ci troviamo ancora a utilizzare le mascherine in ambienti chiusi e, forse il lato peggiore, ancora in stato di emergenza. Il tutto “ha drasticamente ridotto le capacità cognitiviste delle persone”. Che, come spiegato da Le Foche, si trovano in una specie di limbo, con l’estate da una parte, che cerchiamo di vivere al meglio, e l’incubo dell’autunno dall’altra, che potrebbe arrivare insieme a una seconda ondata.

Stato di emergenza crea angoscia e danni economici
Per vivere meglio, secondo l’esperto, basterebbe prendere atto del coronavirus e adeguarci di conseguenza. Anche perché, di esperienza in proposito ce ne siamo fatta un bel po’. Il rischio è su due punti: “il primo è quello di una normalità politica che potrebbe appiattire la società. Il secondo è quello di una società che si adegua e riduce al minimo le reazioni e il confronto”.

La Foche non vuole entrare in beghe politiche ma non parlerebbe comunque più di emergenza. Si potrebbe affrontare diversamente il problema. Anche perché continuare in questo modo può solo generare angoscia e ulteriori gravi danni economici. Oltre a squilibri organizzativi nella gestione. “Inutile dire ai giovani non fate questo o quest’altro. Il proibizionismo non risolve, esaspera anzi la tentazione malsana. È mancata una spiegazione comprensibile, chiara ed empatica nei confronti dei giovani e delle persone più semplici. Una comunicazione che arrivi al cuore e che, ancora prima d’informare, dica: io sono con voi, sono dalla vostra parte”.

Per continuare a vivere, l’immunologo ha poi sottolineato che dobbiamo tornare indietro per riuscire ad andare avanti, facendo esperienza di quanto ci è capitato e rispettando l’ambiente. “La globalizzazione dei valori economici non basati sull’etica è l’antefatto della catastrofe. Sulla pandemia in corso, le autorità preposte hanno forse sbagliato l’interpretazione”.

Forse. Salvaguardare a oltranza la vita non deve però portarci a uccidere quella di tutti i giorni. Questo vuol dire, sempre secondo La Foche, accettare in modo ragionevole il rischio di convivere con il coronavirus. Il parallelismo con l’uso del Var in ambito calcistico poi calza a pennello: “Analogia perfetta. Il cristallizzarsi nel non fare equivale alla non vita, al non gioco”.

Il coronavirus ha una sola marcia
Sul fatto che il virus viaggi a due diverse velocità, l’esperto non è molto convinto. Anzi, la marcia è una sola, quello che cambia è il modo in cui lo si affronta. Il lockdown è servito proprio a questo. La strategia di Trump e Bolsonaro non è stata delle migliori, e si è visto. Stati Uniti e Brasile sono infatti ancora in piena emergenza. Più del caldo, sono i raggi ultravioletti a uccidere il coronavirus.

E l’Italia è tra i Paesi favoriti. Dove le ore di luce sono meno o viene filtrata dai monsoni, la situazione è peggiore. Dovremmo quindi iniziare a essere un po’ ottimisti, visto che gli strumenti per conviver con il Covid ci sono. Particolarmente interessante per La Foche sarebbe la terapia basata su anticorpi monoclonali. E, oltre a essere innocua, sembra anche molto efficace.

Si utilizza durante la fase critica e nel giro di poche ore uccide il virus. “Si lavora su circa cento anticorpi monoclonali, tre di questi hanno un idiotipo molto forte che aggredisce il virus. Sono anticorpi selezionati dalle persone che hanno avuto la malattia, si riproducono in laboratorio e restano in circolo per qualche mese” ha spiegato Le Foche. Una buona alternativa al vaccino che sarà forse pronto a fine anno ma difficilmente potrà essere disponibile prima della prossima estate.

Riapertura normale della scuola
Oltre a vaccino e terapia, non dimentichiamo che esiste anche l’immunità adattiva di specie. Ovvero, si parla di linfociti che aggrediscono il virus naturalmente. In Lombardia per esempio, questa potrà avere un ruolo fondamentale con l’attivarsi della memoria immunologica.

Assolutamente consigliato il vaccino antinfluenzale da fare all’inizio dell’autunno, in modo da riuscire a diagnosticare la malattia in breve tempo ed evitare anche di incorrere in due patologie diverse con rischi peggiori per la salute. Per quanto riguarda l’inizio dell’anno scolastico, l’infettivologo sarebbe più propenso a una riapertura quasi normale. I bambini difficilmente si ammalano. Evitare allarmismi e “per il primo mese prudenza nell’evitare il contatto diretto con i nonni che, in Italia, svolgono funzioni vitali con i nipoti, li intrattengono e li accompagnano a scuola”.

L’importante è riuscire a prevenire nuovi focolai, ancor più che trattarli. Fare particolare attenzione e individuare le realtà del Paese più fragili e anche regolamentando l’immigrazione. Stabilire quindi chi può entrare in Italia, chi deve osservare la quarantena e chi invece no.

E su una eventuale seconda ondata, La Foche la vede “improbabile. Abbiamo fatto una diagnosi corretta del virus, dopo le prime due settimane di incertezza. Sappiamo come e dove intervenire. Sappiamo, l’abbiamo già detto a marzo, che si tratta di rafforzare la medicina del territorio per evitare che si abbatta un’onda lunga in un contesto attualmente tranquillo”. La comunicazione comunque fin qui non ha aiutato. Né quella politica, né quella scientifica che ha creato solo confusione nella popolazione. Con esperti che a tutte le ore imperversavano in trasmissioni televisive e sui giornali, dicendo tutto e il contrario di tutto. E spesso attaccandosi tra di loro. Diventando anche poco credibili.

Le tre regoile da seguire
Adesso sono tre le regole da seguire. In primis l’uso delle mascherine in ambienti chiusi. In particolare deve essere indossata dai giovani che hanno un buon sistema immunitario ma rischiano di infettare gli altri.

E dovremo usarla fino a quando il virus non verrà definito una semplice sindrome influenzale. Lavarsi sempre le mani è la seconda regola ferrea. E la terza, “la più importante, l’equilibrio nei comportamenti. Senza eccessi di paura, ma senza nemmeno sciocche dimostrazioni di forza o presunzioni d’invulnerabilità”. Se ne usciremo migliori dipenderà solo da noi.

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