Gli incendi che stanno devastando diverse aree boscate del nostro Paese, molte delle quali in aree protette come il Parco Nazionale del Gran Sasso, Parco Nazionale dell’Alta Murgia, la Riserva Orientata di Monte Cofano in Sicilia, solo per citarne alcuni, stanno distruggendo la biodiversità e mettendo a rischio le popolazioni locali, ma stanno anche predisponendo il territorio a dissesti geo-idrologici come frane e alluvioni. Fenomeni che saranno innescati dalle piogge estive intense e dalle piogge autunnali”.
Lo ha affermato Antonello Fiore, GEOLOGO, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA), commentando quanto sta accadendo in queste ore in alcune zone dell’Italia.
“Dall’ultimo rapporto nazionale disponibile sullo stato delle foreste e del settore forestale – RaF Italia 2017-2018 (Fonte MIPAAFT 2019) dal 1980 al 2017 le superfici interessate dal fuoco sono state 4.061.988 ettari, pari a 5.689.058 campi da calcio, con una media di 106.894 ettari/annua; Roma si estende per circa 128.700 ettari. Nell’area mediterranea peggio dell’Italia solo la Spagna con 6.179.279 ettari andati in fiamme e il Portogallo con 4.512.336 ettari.
I dati disponibili ci dicono che nonostante l’ultimo decennio abbia visto una diminuzione della superficie forestale percorsa dalle fiamme – ha proseguito Fiore – eventi estremi che favoriscono l’innesco del fuoco si presentano con sempre maggiore frequenza e intensità come a esempio nelle annate del 1993, 2007 e 2017, anno in cui sono stati circa 8.000 incendi e sono bruciati oltre 160.000 ettari tra superficie boscata e non boscata. Dai dati raccolti dall’European forest fire information system (Effis) si evince che in Italia nel 2019 è stata interessata dal fuoco una superficie di 20.395 ettari.
Possiamo permetterci tutto questo dal punto di vista della riduzione della biodiversità, dell’inaridimento del paesaggio, del dissesto del territorio e dell’esposizione al rischio della popolazione, della cancellazione del turismo nelle aree interne che a loro volta stanno fortemente subendo il processo di spopolamento a vantaggio del ripopolamento delle aree costiere e della costante richiesta di urbanizzazione e cementificazione?
In molti casi la vegetazione colpita dal fuoco si riprenderà dopo molti anni, mentre i danni diretti alle vittime, sia esse umane che animali, sono irreparabili, come pure i danni indiretti sulla stabilità dei versanti con possibile innesco a breve e a lungo termini di frane e alluvioni. Con il cambiamento climatico in atto, che non deve essere un alibi per giustificare tutte le nostre nefandezze nei confronti dell’ambiente, la temperatura dei mari elevata produce aria molto umida che spinta dalle correnti d’aria verso la terra ferma genera sempre più frequentemente piogge brevi e intense, concentrate nello spazio, con effetti al suolo devastanti”.
Per i geologi è necessario cartografare le aree percorse dal fuoco.
“Per contenere i danni indiretti causati dagli incendi che interferiscono con le dinamiche dei versanti è necessario cartografare, nell’ambito dei singoli bacini idrografici e secondo quanto previsto dalla Legge 353/2000 meglio nota come (Legge quadro in materia di incendi boschivi), le aree percorse dal fuoco e, a valle di queste aree non più protette dalla vegetazione, i potenziali elementi a rischio (strade, opere, aree urbanizzate).
In caso di riscontro delle condizioni d’instabilità dei versanti è necessario integrare il Piano di Protezione Civile – ha concluso Fiore – e renderlo operativo per le aree potenzialmente interessate da colate di fango o detritiche (incanalate o diffuse). Le soglie di precipitazioni in grado di innescare fenomeni di dissesto geo-idrologico possono essere individuate con modellazioni matematiche, ma il sistema di allertamento deve basarsi su stazioni di monitoraggio pluviometrico ben distribuite e in grado di registrare e trasmettere i dati in tempo reale e in continuo a una stazione di controllo.
Anche per il settore incendi boschivi, come per il dissesto idrogeologico, il rischio sismico, le crisi ambientali quali siccità e inquinamento, per citarne solo alcune, l’unica vera tutela dei beni e delle vite umane e animali che tali roghi causano è la prevenzione. Bisogna avere la consapevolezza che nelle stagioni particolarmente calde e siccitose gli incendi trovano una maggiore diffusione per una mancata pulizia dei boschi e a causa di una più diffusa materia infiammabile. Com’è noto il fuoco si propaga solo se la vegetazione lo permette, allora bisogna intervenire prima e in maniera pianificata per ridurre quelle situazioni di amplificazione e propagazione degli incendi.
Investire da subito in prevenzione rispetto al solo investimento in uomini e mezzi antincendio porterà a una riduzione degli incendi con enormi vantaggi in termini di sostenibilità ambientale e riduzione dei rischi diretti e indiretti quali il dissesto geo-idrologico”.
certo che ci vogliono gli esperti per prevedere quello che sta accadendo da almeno un decennio, una catena causa-effetto che è sotto gli occhi di tutti, studiata, non accidentale, ma lucrativa e senza rischi per i responsabili