Mi presento solo perché Le servirà a comprendere meglio il motivo di questa lettera. Mi chiamo Annalisa Frigenti e sono un Dirigente Scolastico, attualmente distaccato al Ministero dell’Istruzione, in quel viale Trastevere che Lei ben conosce, percorrendo il quale, per puro caso, ho avuto modo di incrociarla qualche anno fa, salutandola velocemente ma riuscendo, comunque ad apprezzare il suo tratto cordiale.
Le tante parole che hanno accompagnato la sua musica hanno dato un senso alla serata: ha lanciato messaggi profondi a noi presenti toccando con maestria tematiche quali l’amore, la droga, l’amicizia, la solidarietà e, non per ultima la scuola.
Come non essere d’accordo con Lei quando, tra gli applausi, ha sostenuto la necessità di tornare al più presto in classe in quanto il rapporto “de visu” col docente, il far parte di un gruppo di ragazzi, la condivisione di momenti di vita che ognuno serberà per sempre nel cuore, non possono assolutamente essere sostituiti dalla didattica a distanza, “così come non è lo stesso ascoltare un concerto non dal vivo”, come ha tenuto, giustamente, a sottolineare, evidenziando il suo silenzio anche sui social in questa fase.
Ho avuto modo di riflettere sull’argomento in alcuni miei scritti e di scambiare, anche nel corso di incontri formativi, alcune opinioni con diversi docenti proprio sulla didattica a distanza – un modo per garantire la presenza e la continuità della scuola in un momento di emergenza. A cominciare dal Ministero, tutti gli operatori del settore sono, ovviamente, impegnati per garantire il rientro in presenza, nonostante le tante difficoltà da affrontare e le grandi responsabilità che ricadranno soprattutto sulle spalle dei dirigenti scolastici.
Una cosa, tra le tante che ha detto, però, mi ha lasciato l’amaro in bocca e, data la stima che ho per Lei, in quanto sua fan da sempre, non riesco a trattenermi dall’esplicitare il mio pensiero.
In molti hanno applaudito quando ha sostenuto – come, purtroppo, tanti in questo periodo- che in questi mesi i dipendenti pubblici in smart working sono stati a casa senza far nulla. Sia chiaro: sono una persona che cerca di guardare in modo oggettivo le cose e per alcune situazioni, probabilmente, non potrei nemmeno darle torto.
Lanciare, però, il messaggio che tutti i dipendenti in smart working non abbiano fatto nulla, da parte di una persona che ha milioni di fan e che quindi, più che altri, è in grado di incidere anche sulla pubblica opinione, non credo sia giusto, soprattutto nei confronti dei tanti che hanno continuato a mettere l’anima in quello che fanno quotidianamente perché, come Lei, hanno avuto la fortuna di avere ottimi maestri di vita (mi creda, ne conosco davvero tanti!).
Sarà che faccio parte del mondo della scuola e, in questa fase più che mai, ho visto i miei colleghi Dirigenti Scolastici rimboccarsi le maniche lavorando senza tregua, senza orari e senza un giorno di pausa (diritto alla disconnessione???) nemmeno in questo periodo estivo (anzi!!!); sarà che ho visto tanti, ma tanti docenti, industriarsi al meglio per garantire la continuità ai ragazzi e per affiancare soprattutto quelli a rischio dispersione; sarà che, lavorando al Ministero dell’Istruzione, ho potuto constatare di persona la volontà di supportare il sistema (al di là di scelte che possono o meno condividersi); sarà che anche io, abituata da sempre a lavorare per contribuire nel mio piccolo al miglioramento del sistema, avendo, in questa fase, un incarico di tipo amministrativo, sono riuscita, in SMART WORKING, a “produrre” di quanto avrei prodotto in presenza, lavorando non meno di 8/9 ore al giorno per garantire il servizio, contattando ad uno ad uno gli utenti in modo da far sentire la vicinanza della PA al cittadino; sarà che faccio parte del mondo della scuola, un mondo nel quale ancora siamo convinti di poter dare un futuro migliore ai nostri ragazzi e, comunque, un contributo alla crescita civile, sociale e culturale (come Lei ha potuto già apprendere dall’esperienza umana e professionale di sua madre, stimata docente), le sue parole mi hanno fatto male.
Non si può e non si deve generalizzare e, ancor di più, credo che non debba farlo Lei, persona onesta, di grandi valori e troppo colta per lanciare un messaggio del genere. So anche, come scrivevo in precedenza, che lo smart working non ha funzionato per tutti allo stesso modo. Con questa lettera vorrei solo invitare Lei e i tanti che in questo periodo esprimono giudizi sui pubblici dipendenti, a riflettere anche sui tanti vantaggi che tale modalità lavorativa può offrire, non ultimi quelli legati alla sostenibilità ambientale.
Personalmente apprezzo il lavoro che la Ministra Dadone sta facendo e credo che lo smart working, anche a prescindere dalle situazioni emergenziali, resti una gran bella sfida da affrontare in un futuro che è ormai già presente: ”una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati” secondo la definizione dell’Osservatorio del Politecnico di Milano che, già in passato, con apposite ricerche, ha messo in evidenza la convenienza di tale modalità lavorativa.
Una modalità lavorativa che inizia a far intravedere nella PA (finalmente, aggiungerei – e qui credo che Lei sarà d’accordo con me) una responsabilizzazione dei pubblici dipendenti relativamente al raggiungimento dei risultati nei termini indicati dai singoli dirigenti degli uffici, responsabilizzati anch’essi dal punto di vista della programmazione e, soprattutto del controllo, nell’ottica del perseguimento degli obiettivi di efficacia, efficienza e qualità ai quali ogni PA deve mirare e ai quali -credo- Lei giustamente pensava.
Intendo, infine, ringraziarla per avermi offerto la possibilità di riflettere, a seguito di una bellissima serata, su tematiche di grande rilievo che possono contribuire al dibattito sul futuro del nostro Paese. Con l’ammirazione di sempre».
Annalisa Frigenti