Mi aspettavo, invece, un mese di agosto diverso: il Governo ha varato le norme anticrisi ma mancano ancora centinaia di decreti attuativi, di cui abbiamo ormai perso il conto; non è stato ancora predisposto neppure un piano di massima da presentare all’Unione Europea per ottenere i contributi del Recovery Fund; si profila una nuova emergenza sanitaria senza che nessuna decisione sia stata assunta sull’immediato utilizzo del MES necessario per il nostro sistema sanitario; il 14 settembre dovrebbero riaprire la scuole, ma si è perso tempo sui banchi singoli e sulle sedie con le rotelle, ma non si riesce neppure a conoscere quali siano le imprese che li starebbero fabbricando; ci troviamo di fronte al paradosso di una specie di segreto di Stato su una gara pubblica in completa violazione delle norme sulla trasparenza e sulla concorrenza; abbiamo assistito a contributi a pioggia senza alcun beneficio per la produttività, ma solo indirizzati a costruire il consenso elettorale, in assenza di una vera riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive del lavoro; l’INPS, affidato nelle mani di inadeguati soggetti nominati solo per l’appartenenza o per la vicinanza al movimento 5stelle, invece di pensare ad una riforma complessiva del sistema previdenziale o di dare esecuzione alle provvidenze sulla cassa integrazione guadagni, si è trastullato a comunicare che cinque parlamentari hanno incredibilmente elemosinato il bonus (per altro il Presidente Tridico, in puro stile 5stelle, ha parlato di 234 mila imprese che hanno goduto della Cassa integrazione, senza averne diritto, ma poi non ha presentato alcuna denuncia); il processo di semplificazione amministrativa è rimasto chiuso nel cassetto, nonostante le strombazzate conferenze stampa del Presidente del Consiglio. Insomma, il Governo è rimasto attivo solo sulla spartizione tra le forze politiche di maggioranza delle nomine in società partecipate, Autorità indipendenti, ed altri enti pubblici.
Orbene, la pandemia ha rappresentato un’occasione per delineare una legislazione di emergenza che ha sostituito le regole elementari della divisione dei poteri, ha introdotto eccezioni al diritto, ha contribuito a rendere stabile la tendenza alla concentrazione dei poteri nelle mani dell’esecutivo (e che esecutivo !!), a cui non avevamo mai dapprima assistito, nel silenzio assordante dei chierici interessati agli incarichi e alle prebende, con la sola eccezione di pochi (e tra questi il prof. Sabino Cassese).
Nessuna consapevolezza da parte del Governo sul rischio, paventato anche da Banca d’Italia e dall’Istat, che a settembre si perderanno circa un milione di posti di lavoro, come conseguenza alla chiusura di migliaia di piccole e medie imprese.
Nessuna risposta sulle priorità che dovranno essere affrontate, nessun programma per la ripresa, nessuna declinazione di idee per la produttività, nessun riscontro sulle emergenze segnalate con vigore dal Presidente della Confindustria Carlo Bonomi; nessuna ipotesi per il superamento del divario Nord-Sud, che rappresenta ancora il vero nodo della questione nazionale; nessuna concreta indicazione sul Green New Deal e sul futuro dei giovani e sul sistema scolastico ed universitario (entrambi mortificati dalla legislazione emergenziale).
La sociologia osannante si è soffermata sull’importanza dello smart working, ed ora dello South working, senza affrontare il problema vero, ovvero che queste modalità di svolgimento del rapporto di lavoro hanno prodotto, nella maggior parte dei casi, inefficienze nella pubblica amministrazione (è sufficiente pensare a quello che è successo nel settore della Giustizia !!), affidando nelle mani dei sindacati la ripresa del lavoro in presenza e contribuendo alla paralisi del sistema.
I segnali, sia pure timidi, che sono percepibili in alcuni provvedimenti non sono sufficienti a dare fiducia al Paese e il futuro autunnale si presenta carico di incognite e di incertezze.
Giuseppe Fauceglia