Dopo il sopralluogo al cadavere di Claudine Augier in Sloane Square, Cramer e Stebbins della polizia londinese e Spade, investigatore privato americano, si trovano in Baker Street.
Cramer e Stebbins, con Spade al seguito, lasciano Baker Street sconfitti dal silenzio di Holmes. Restato solo col mio amico, gli racconto una storia ipotetica quanto verosimile.
– Giorni fa Madame Claudine Augier è venuta a chiedere il mio aiuto come medico. Voi l’avete messa bruscamente alla porta per poi pedinarla intabarrato in una tuta scura. L’avete seguita fino a casa sua in Sloane Square, dove poi è stata trovata cadavere. Perché?
Holmes pare non ascoltare, ficca un’altra pallottola di oppio nel cannello e comincia a tirare. Gli occhi riversi all’indietro, dà segno di partire per il sonno.
– Vi ammette in casa. Prima intavolate una conversazione garbata, condividete addirittura un bicchiere di assenzio. Poi la discussione si accende fino a un litigio furibondo. Esasperato dalla sua resistenza, non siete abituato al dissenso e poi di una donna, la colpite con la statuetta, la ballerina di Degas. Pensate di tramortirla per farla ragionare. Quella invece ci resta secca. Inscenate allora la pantomima delle sevizie col godemichet. Per fare credere all’assalto di un maniaco sessuale. Perché tutto questo?
Solo a questo passaggio del racconto Holmes dà segno di ascoltare, poggia la pipa sul tavolo e si raddrizza sulla sedia, lo sguardo offuscato dall’effetto dell’oppio.
– Per tutelarvi dalle mire di un’impostora. Quella non era la signorina buone maniere che credevate, era una cacciatrice di dote che si era messa sulle vostre piste. Il quadro di Toulouse-Lautrec, la statuetta di Degas, il damasco… Siete aitante e ricco. Un ottimo partito per sistemare un’americana fuggita da San Francisco in cerca della civiltà inglese.
Quale madre affetta da malattia tropicale! La madre non abitava nell’appartamento, mentre ho trovato l’attrezzatura per una notte di piacere in vostra compagnia. E voi ci sareste cascato. L’ho avvertita che non intendevo perdervi e per questo ero pronto a tutto. Prima mi ha lasciato parlare e poi ha preso a dileggiarmi. Ha osato prendersi gioco di me, Sherlock Holmes, il più geniale investigatore di Londra!
– Cosa vi aspettate che io faccia?
– Lasciarmi gustare la fumata di oppio.
Studio di Nero Wolfe, New York City
Sono di nuovo io, Archie Goodwin, investigatore e tuttofare nella casa di arenaria sulla Trentacinquesima Strada. Chiudo il file “A Brief Diary by John Watson” appena in tempo, alle 11 Nero Wolfe scende dalla serra delle orchidee. L’ascensore deposita il ciccione nel corridoio, con passo agile che contrasta con la mole si avvicina alla poltrona king size, deposita il deretano, suona il campanello per ordinare a Fritz Brenner il vassoio con la birra.
Lo lascio bere, è così affaticato dallo stare in piedi per due ore attorno ai vasetti che poi gli chiederò del manoscritto apocrifo. Tale sarà – ne sono certo – il Diario di John Watson. Wolfe va distolto dalla passione letteraria e spinto a lavorare, altrimenti non potrà pagare i nostri stipendi, le imposte sulla casa, le spese della Mercedes S500, la sola berlina su cui osa salire lui che ha orrore dei mezzi meccanici.
– Archie, come vanno i conti in banca?
– In picchiata, Signor Wolfe. Al punto che sto per darvi l’occasione per risparmiare: licenziandomi.
– Non amo le vostre battute di spirito.
– E io non amo la vostra pigrizia.
La birra è servita, Fritz sta per andarsene quando Wolfe lo interroga sul menu del giorno.
– Coq au vin sur un lit de légumes. Pinot noir de Lavaux. Tarte aux fruits rouges. Petit café et friandises.
– Grazie, Fritz, potete andare.
Wolfe si tuffa nella lettura del New York Times che tempesta contro il Presidente. Lui tiene per i Repubblicani, da originario del Montenegro ne apprezza i modi risoluti verso i gruppi non bianchi, ora è incerto, l’Amministrazione sta operando male in politica estera, si disinteressa dell’Europa e degli amati Balcani a favore della Cina.
– L’automobile è in ordine?
– Se possiamo continuare a permettercela…
– Mi porterete al seggio, vado a votare per le presidenziali.
Se serve a cambiare l’orientamento politico, lo lascio rimuginare sui programmi elettorali. Per i temi letterari ci sarà tempo.
Fine
di Cosimo Risi