La parabola discendente di Cerci: a 33 anni in serie C all’Arezzo

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Le chiamano parabole. Non solo le palombelle e nemmeno gli insegnamenti di Nostro Signore. E vanno sempre in una sola direzione, verso il basso. Quelle ascendenti di solito prendono altri nomi, più roboanti.
Quando parli di parabola, nella stragrande maggioranza dei casi assume un connotato negativo, discendente appunto. È il caso del Thierry Henry di Valmontone, all’anagrafe Alessio Cerci, che ora cerca di invertire la tendenza con l’Arezzo, Serie C, un punto nelle prime tre partite stagionali (sconfitte con Feralpisalò e Perugia, pareggio col Gubbio). I toscani sperano che pure la loro di parabola s’inverta con l’arrivo di un giocatore che di talento ne ha sempre avuto da vendere, ma sul campo non lo ha mai tramutato in rendimento costante.

Cresciuto negli Allievi della Roma, dove lo allenava Alberto De Rossi, in una squadra che schierava anche Aleandro Rosi (una Coppa Italia e una Supercoppa nella rosa della prima squadra) e Alessandro Simonetta (due anni in B con l’Arezzo ma mai esploso nonostante promettesse bene), Cerci, classe ‘87, rimase coi giallorossi sino all’estate 2006, debuttando in A con Capello in panchina. Poi i primi scricchiolii e l’inizio del giro d’Italia: Brescia, Pisa e Atalanta prima del ritorno a Roma e poi della partenza definitiva, estate 2010, destinazione Firenze. Ma la consacrazione arriva in maglia granata. Col Torino, che lo acquista per 2.5 milioni di euro, ritrova Ventura, che lo aveva allenato a Pisa. Nel campionato 2013-2014 ricopre anche il ruolo di seconda punta, segna 13 reti e risulta il miglior assistman del torneo con 11. A fine stagione il Torino dopo 19 anni ritorna in Europa qualificandosi ai preliminari di Europa League. Raggiunge l’apice con la partecipazione in azzurro al Mondiale 2014, sempre da riserva, ma pur sempre uno dei pochi eletti. Nel settembre 2014 firma un triennale con l’Atletico Madrid da 15 milioni ma non trova spazio e finisce in prestito al Milan. Dove però non sfonda. Ceduto al Genoa, gioca poi per il Verona e i turchi dell’Ankaragucu.

La parabola è ormai in picchiata, somiglia tanto alla curva della borsa di Wall Street il 29 ottobre 1929, quella del martedì nero. La scorsa estate prova il rilancio con la Salernitana, dove per la terza volta viene allenato da Ventura. E’ la grande promessa dei campani, mai mantenuta. Dopo una lunga preparazione per ritrovare la condizione solo 54’ giocati, distribuiti in quattro spezzoni di gara mai da titolare e senza lasciare il segno. Poi un infortunio che lo tiene fuori a lungo. Nel mezzo qualche esternazione social che i tifosi granata non prendono bene, e la pubblicazione della diagnosi medica che la dirigenza non apprezza (eufemismo). Ci pensa il Covid poi a complicare ulteriormente le cose.

Ora ci riprova con l’Arezzo, col quale ha firmato addirittura un triennale. A 33 anni non una follia, soprattutto pensando alla categoria e al talento, che potrebbe permettergli di fare la differenza a quei livelli. Chissà, magari la parabola può davvero diventare quella d’insegnamento per una volta tanto.

Fonte Gazzetta dello Sport

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