Non è una semplice dimenticanza, è la costatazione dello stallo che rallenta il processo decisionale. Si preferisce demandare alle trattative sotto banco, legittime come tutte le trattative che si rispettino, ed alla capacità divinatoria della Presidenza tedesca.
E cioè di Angela Merkel, la vestale degli equilibri europei, l’eroina che dovrebbe tirare fuori il compromesso risolutivo. Questo dichiara Davide Sassoli, che rivendica la posizione del Parlamento europeo sulla legalità per inquadrarla da momento tattico d’una strategia. La strategia che dovrebbe sfociare nel lodo Merkel.
In cosa consisterà il lodo è possibile ipotizzare. La riduzione dei fondi per tacitare gli stati membri frugali. La conferma dei rimborsi di bilancio a loro favore. La promessa che ora e mai più la Commissione s’indebiterà. L’ammonimento ai partner riluttanti sullo stato di diritto di comportarsi come si deve in futuro. La pressione sugli stati membri dalla facile spesa di investire i fondi in investimenti strutturali.
I Ventisette si sono dati appuntamento a dicembre per definire il pacchetto, certo non in tempo perché entri in vigore a gennaio. Nel frattempo l’Italia inserisce le risorse del Recovery Fund nelle previsioni di bilancio e accantona come “ideologico” il dibattito sul MES. I soldi per la sanità sono in cassa, inutile indebitarsi ulteriormente.
Sul dibattito europeo plana la campagna elettorale americana, l’appuntamento clou dell’agenda internazionale ad ogni quadriennio. La competizione è distorta dalla pandemia che negli Usa tocca punte vertiginose fino a costringere i candidati al confronto a distanza. I punti di vantaggio di Joe Biden nei sondaggi sono appunto simulazioni di risultato e non il risultato. A novembre conosceremo la verità, con il temuto seguito di ricorsi da parte di Trump se dovesse perdere nelle urne.
La CDU – CSU è in cerca del candidato alternativo a Angela Merkel, non trovandone alcuno all’altezza la invoca di tornare sui suoi passi e correre per il quinto mandato. Alla Cancelliera si attribuisce una risposta che è rivelatrice delle circostanze. E cioè: i rapporti USA – Germania (e Europa) sono così deteriorati che la mia conferma, in caso di rielezione di Trump, li peggiorerebbe; se invece prevale Biden, allora potrei ripensarci.
L’Unione ha bisogno di una leadership forte e autorevole. Le sfide esterne sono micidiali. La Turchia agisce in totale libertà rispetto ai vicoli di appartenenza alla NATO, da ultimo incoraggia l’Azerbaijan ad attaccare l’Armenia, non bastassero le scorribande nelle acque rivendicate da Cipro e Grecia e in Libia. La Cina è un enigma: da partner della Via della seta a possibile untore il passo è stato breve e non si sa come uscire dal pantano per un rapporto franco e soprattutto paritario. Sulla Russia cadono le ulteriori sanzioni, stavolta per il caso Navalny.
Con l’uscita del Regno Unito, il ruolo, e l’onere, della potenza europea passa alla Francia. Che però naviga in acque procellose. Il morbo costringe al coprifuoco, che già nel nome rievoca scenari di guerra. Emmanuel Macron chiama alla vigilanza verso il separatismo islamista ed ecco che a Conflans Sainte-Honorine l’integralismo mostra il volto truce dell’attentato all’insegnante, reo di avere mostrato in classe le vignette incriminate.
La situazione è tale che l’ex Presidente Francois Hollande sente di dovere dire la sua. Un impasto di consigli al successore e di indicazioni strategiche per chi andrà all’Eliseo fra un paio d’anni. L’intervista si chiude con la fatidica domanda su cosa intenda fare da grande. Un ritorno nell’agone come già Nicolas Sarkozy? Sappiamo come finì con lui, chissà se Hollande voglia ripetere l’esperienza.
di Cosimo Risi