Il giovane straniero, senza dimora, è seguito da Antonio Bonifacio, direttore dell’ufficio Migrantes dell’arcidiocesi di Salerno che, anche attraverso i suoi canali social, ha voluto raccontare l’accaduto: “Hanif, fratello straniero (tecnicamente senza dimora) che guarda con sguardo apparentemente assente la “sua casa”, ripetendo “non c’è più la mia casa, distrutta la mia casa, non ho più la casa”… e poi via scomparendo tra i vicoli del centro.
La “sua casa”: perché Hanif da diversi giorni la sera si andava a coricare nel centro di questa aiuola, bella, rigogliosa, grande tanto da consentire di scomparire al suo interno dalla vista di passanti, protettiva da poter diventare rifugio per un riposo notturno – ha detto Bonifacio –
Questa mattina (sabato per chi legge ndr), gli operai dediti alla cura del verde hanno potato l’aiuola e al suo interno, raggomitolato in se stesso ed invisibile dall’esterno (garantisco!) avvolto in una coperta c’era questo corpo tremante, forse per il freddo”. Hanif è una delle vittime del lockdown con perdita di lavoro, sostegno economico, possibilità di sostegno alla famiglia nel paese di origine.
“Sicuramente diverse cose non hanno funzionato, il non poter rientrare al suo paese subito, il non esserci posto in reparto, il dover chiamare prima troppi numeri per attendere un intervento specifico, il non comprendere nel nostro sistema dei “diritti” il diritto per un fratello straniero di non comprendere la burocrazia, ecc – ha dichiarato Bonifacio – Hanif, non è solo un uomo al centro di un’aiuola ma un uomo che guarda la sua casa, costruita al centro di un’aiuola che, nella sua mente, era il suo unico rifugio da una realtà complicatasi. A noi, che spesso non guardiamo il mondo dalla strada (intesa come luogo di vita) un invito ad abbassare non solo lo sguardo ma la prospettiva”.