Per la prima volta, si è proceduto a realizzare un rilievo dettagliato del monumento sotterraneo. La galleria, accessibile attraverso quattro pozzi chiusi con delle grate, ha una lunghezza di quasi cinquanta metri ed è tuttora percorribile, seppure al momento solo da tecnici muniti di appositi dispositivi di sicurezza. La presenza di malta idraulica che riveste interamente le pareti della struttura, lascia ipotizzare che la galleria servisse in antichità come una grande cisterna.
“A Paestum l’approvvigionamento delle acque rappresentava una criticità – spiega il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel –. L’acqua del Capodifiume era malsana e i pozzi non risolvevano il problema perché l’acqua di falda tendeva a essere salmastra vista la vicinanza della città al mare. Così, raccogliere l’acqua piovana che scorreva dai tetti dei due templi più grandi della città in una grande cisterna poteva essere una buona idea, anche se ancora ci mancano dati precisi sulla cronologia della struttura.”
Come sottolinea il funzionario archeologo del Parco, Francesco Scelza, la posizione della cisterna all’interno del grande santuario urbano della città antica non è casuale: “Nei riti antichi, l’acqua giocava un ruolo fondamentale, anche se, spesso, non è facile distinguerne un uso cultuale da un uso corrente. La cisterna ipogeica del santuario meridionale di Paestum era nota già dai primissimi scavi dell’inizio del ‘900 ma finora è stata esplorata solo in parte”.
Il sopralluogo nella cisterna tra i due templi, in data 28 ottobre 2020, al quale ha partecipato anche il direttore, oltre a importanti dettagli sulla costruzione del monumento antico, ha rivelato anche testimonianze molto più recenti: graffiti che viaggiatori dell’Otto e del Novecento hanno lasciato sulle pareti della galleria sotterranea, a volte datandoli. Il più antico finora riscontrato risale al 1855, il più recente al 1965.