“In alcune regioni, soprattutto al Sud, gli ambulatori cardiologici sono stati chiusi e i reparti di cardiologia svuotati perché è in aumento il numero del personale sanitario contagiato o perché molti reparti cardiologici sono stati convertiti in reparti Covid-19”, è quanto spiega il presidente Ciro Indolfi.
Durante la prima ondata della pandemia aveva provocato la riduzione di oltre il 50% dei ricoveri cardiologici – secondo i dati della Sic – accompagnata da un aumento di tre volte della mortalità ospedaliera.
“In questo scenario se i numeri dei contagiati aumenteranno ulteriormente, è prevedibile un impatto della pandemia sulle malattie cardiovascolari ancora maggiore rispetto allo scorso marzo. Infatti, il rinvio di visite, controlli e ricoveri per interventi di angioplastica coronarica e di altre procedure elettive, come la Tavi, la Clip mitralica, i pacemakers, defibrillatori, le ablazioni per fibrillazione atriale, sommandosi ad arretrati difficili da smaltire, rischia già dal prossimo mese di portare ad un aumento della mortalità e della disabilità superiore a quello della prima ondata, a cui si aggiunge un rischio due volte maggiore di non sopravvivere al virus per chi soffre di malattie cardiovascolari”.
Pasquale Perrone Filardi, ordinario di Cardiologia alla Federico II di Napoli, e Presidente eletto SIC: “Servono riforme strutturali e organizzative sostanziali e immediate, nuovi finanziamenti per assunzione di personale medico e sanitario, l’aggiornamento tecnologico degli ospedali e un mantenimento dei posti letto in cardiologia, per scongiurare conseguenze peggiori della scorsa primavera”.
“Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di morte in Italia con più di 240.000 morti ogni anno. “Una sanità bloccata dal virus rischia di annullare i progressi della terapia farmacologica e dell’interventistica e far ritornare la cardiologia ai risultati di 20 anni fa”, conclude la Sic.
Commenta