Prima di tutto i calciatori sono uomini. Vivono il dramma della malattia fuori dal campo e la situazione difficile di un calcio diverso, in campo. Non tutti godono di contratti milionari e il loro compenso è lo stipendio di un lavoratore che dona se stesso a quel sogno di 90 minuti fatto di lacrime e sudore spesso lontano da casa. La Reggiana è stata la prima a subire il dramma della malattia a Febbraio e ancora la prima oggi ad autodenunciare quel sacrosanto diritto alla salute e quindi alla vita, isolandosi nella diligente attesa della guarigione: se tutto questo non si chiama “forza maggiore” allora questo non è più calcio.
I calciatori come gli sponsor come i soci e come la gente hanno dato un aiuto concreto alla società in momenti difficili scrivendo pagine di storia che rileggeremo come monito di un passato giusto: questo rimarra’ come virtù nella storia del nostro club e della nostra città: di questo neppure io come Presidente mai mi dimenticherò, perché il bene di uno è il bene di tutti e il bene di tutti è il bene di ognuno. Non parleremo certamente ai nostri figli tra qualche anno di 3 punti regalati perché stavamo guarendo da una pandemia globale non potendo giocare.
Stiamo uniti. Se servisse dimostrare ancora una volta al mondo non solo sportivo che per reagire bisogna subire, allora prendeteci come esempio: ne usciremo, statene certi, più forti di prima.
Pianeta Serie B