Una sfida nella sfida per L.S., 51 anni, che pur essendo finalmente rimasta incinta di due gemellini, a seguito di una ovodonazione (la tecnica di fecondazione assistita che prevede la donazione di ovociti di una donna ad un’altra), si ritrova ad affrontare un ultimo e doloroso ostacolo.
Il decorso della gravidanza si presenta però ben presto molto complesso perché complicato da una fibromatosi uterina, quasi normale per l’età della paziente, ma soprattutto da una gravissima forma di anemia con valori di emoglobina inferiori a sette grammi.
La donna è stata, quindi, sottoposta a ben cinque emotrasfusioni, seguita dall’ematologo Massimo Frigino. Qualche mese dopo la situazione si complica ulteriormente perché uno dei due gemellini era morto in utero, un triste evento che però non avrebbe avuto conseguenze sull’altro gemellino.
Alla 37esima settimana la donna partorisce una bellissima bimba del peso di 2,720 grammi, assistita da Petta e Leonardo Nargi del reparto gravidanza a rischio e assistita dal responsabile della Terapia Intensiva Neonatale, Angelo Izzo.
«Potrebbe sembrare una sfida dell’uomo alla natura – commenta Petta – sconvolgendo l’orologio biologico della donna, ma secondo la mia esperienza, usata bene, ha consentito a tante coppie sterili di riempire con il sorriso di un bambino, una casa prima triste e vuota». Vietata in Italia con la legge 40 del 2004, l’ovodonazione è attualmente consentita per coppie sterili con componenti maggiorenni, di sesso diverso e coniugati o conviventi.