hanno dato esecuzione ad un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari del locale
Tribunale che, su richiesta della Procura alla sede, dispone la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di nove persone.
Si tratta di S.A. (classe 1974), direttore della filiale di una banca di rilievo nazionale; di N.F. (classe 1961) e D. G. M. (classe 1963), entrambi funzionari di banca all’epoca impiegati presso la medesima sede del direttore; di R.G. (classe 1979), M M. (classe 1969), C.D. (classe 1968), C.D. (classe 1960), I.M. (classe 1985) e A.V. (classe 1951), i rimanenti
componenti del sodalizio, tutti di Salerno e provincia.
Le ipotesi di reato formulate dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico
Finanziaria, coordinati dai PP.MM. dell’Ufficio diretto dal Procuratore Capo Giuseppe
Borrelli, vanno dalla truffa al falso, al riciclaggio ed all’autoriciclaggio. Viene prefigurata, infatti, l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere, il cui unico scopo era quello di frodare l’istituto di credito, attraverso l’erogazione di finanziamenti che, una volta elargiti, venivano restituiti soltanto in minima parte.
Il sistema escogitato sfruttava, dall’interno, le maglie larghe delle istruttorie per il cosiddetto credito al consumo, che nel caso di specie portava alla concessione del prestito nell’arco di 24 ore (si parla, infatti, di finanziamenti “easy”).
Ben definiti i compiti dei membri dell’organizzazione, nell’ambito della quale il direttore della filiale ed i due funzionari con lui in servizio predisponevano il carteggio necessario per autorizzare l’accreditamento delle somme, con tanto di buste paga e dichiarazioni dei redditi false, attestanti fittizi rapporti di lavoro.
Altri cinque degli arrestati, invece, avevano il compito di reclutare gli “pseudo clienti”,
persone disposte a presentarsi allo sportello per aprire il conto corrente e richiedere il
prestito, che venivano assistite passo dopo passo nell’iter istruttorio e alle quali erano
forniti i documenti necessari per accedere ai finanziamenti.
Bisognava scegliere bene i complici ai quali proporre l’“affare”, chiamati a prestarsi al
raggiro ai danni della banca, dietro la promessa di qualche migliaia di euro. Parliamo,
perlopiù, di persone prive di fonti di reddito, talvolta senza fissa dimora, anche con
precedenti penali, che mai avrebbero avuto il riconoscimento del credito, se la loro pratica
non fosse stata istruita con documentazione del tutto “farlocca”.
Ed infatti, la gran parte dei formali beneficiari dei prestiti venivano proprio dai Comuni di
residenza dei cinque incaricati di intercettarli, Salerno e altri centri della provincia, Eboli,
Battipaglia, Montecorvino Pugliano e, addirittura, Castelnuovo Cilento, distante 60 km (più
di un’ora di auto) dalla filiale di Bellizzi (SA), base dell’organizzazione.
Neppure sono mancati un paio di nuovi correntisti, giunti nel Salernitano direttamente dalla provincia di Napoli. Questa attività di intermediazione tra i clienti e l’istituto di credito, svolta nella totale assenza delle abilitazioni di legge, integra peraltro un’ulteriore, specifica fattispecie di delitto, sanzionata con la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 10.000 euro.
Per l’ultimo dei nove arrestati, A. V. (classe ’51), legale rappresentante di una società di
comodo, è scattata la più pesante accusa di riciclaggio, in quanto si è prestato a simulare
la vendita di un’autovettura per giustificare il trasferimento dei fondi concessi dalla banca,
così da farne perdere definitivamente le tracce.
Per non far partire subito i controlli interni, venivano adottati alcuni semplici accorgimenti,
come quello di lasciare sul conto, almeno all’inizio, una giacenza minima, con cui pagare
regolarmente le prime rate del rimborso. Dopo alcuni mesi, però, è arrivata una segnalazione di anomalie, direttamente dalla Direzione Centrale dell’istituto.
Il responsabile della filiale si è trovato costretto quindi, suo malgrado, a denunciare alla locale Stazione dell’Arma la probabile truffa, di cui egli stesso era, in realtà, uno dei principali artefici. Nel corso delle successive indagini, i militari delle Fiamme Gialle hanno così ricostruito che, a fronte di una novantina di finanziamenti concessi, per un’erogazione complessiva di oltre 800.000 euro, alla banca sono state rimborsate rate per neanche un decimo (meno di 80.000 euro).
Considerato che agli “pseudo clienti” veniva lasciata grosso modo la metà delle somme,
l’organizzazione ha potuto così incassare, nel brevissimo arco temporale di tre mesi,
profitti illeciti nell’ordine di 350.000 euro.
Nella stessa giornata, infine, sempre i Finanzieri di Salerno hanno proceduto al sequestro
preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, di liquidità per circa 73.000 euro, nella
disponibilità di tre degli indagati, nei cui confronti sono formulate anche le accuse di
riciclaggio ed autoriciclaggio.