La prima: una politica che legifera intorno al cenone, agli spostamenti familiari e alla messa di Natale mortifica se stessa, finisce, cioè, per regredire ad uno stadio infantile e dal vago sapore pedagogico, a fronte di cittadini ritenuti infanti, incapaci da soli di assumere comportamenti responsabili (anche qui l’uso indiscriminato di immagini televisive aiuta la narrazione governativa).
La seconda: sia la politica che i cittadini hanno smarrito il senso della comunità e del bene comune. Per anni sono stati iniettati nelle vene degli italiani virus più pericolosi del Covid 19; quello che ha distrutto i legami che caratterizzano una comunità nazionale con i suoi interessi e le sue priorità, quello che ha teorizzato ed imposto la libertà assoluta di ciascuno in completo disinteresse della libertà dell’altro consociato, quello che ha imposto un individualismo edonistico ed il disprezzo della cultura e della coscienza; quello che ha ormai edificato una filosofia del “non lavoro” e della pura erogazione di assistenza previdenziale e reddituale; quello che ha ritenuto che il cittadino possa restare libero dalla politica;
La terza: il male viene da lontano, in una politica che con gli anni ha perduto il necessario tratto progettuale, l’aspirazione ad essere “speranza” e “futuro”; ha ristretto la sua funzione a risolvere questioni pratiche e burocratiche, trasformandosi finanche in una dimensione “biopolitica” (quella di questi giorni) invasiva nella vita delle persone.
La quarta: si può davvero credere che questo risultato sia solo il pernicioso disegno di una classe politica che, consapevolmente o inconsapevolmente, disegna una strategia di controllo sulla “vita degli altri” in attesa di una società tecnologicamente guidata ed autoritaria? Riterrei di no.
Responsabilità evidenti debbono individuarsi nel corpo sociale, nella perdita progressiva della dimensione dei doveri e delle responsabilità singole e collettive. Ad esempio, pur riconoscendo le ragioni di merito dei sindacati, era proprio necessario di indire uno sciopero per gli adeguamenti salariali nel pubblico impiego, quando proprio questi lavoratori – a fronte del progressivo deteriorarsi del quadro economico –sono quelli oggi più tutelati.
E’ ancora possibile che a fronte delle molteplici difficoltà riscontrate nel settore dell’educazione e della sanità nelle sue varie articolazioni (ospedaliere e di base) e dei limiti dimostrati nell’emergenza, in luogo di procedere ad una seria riflessione sulle riforme normative, ognuno si chiede nel fortino della difesa delle proprie ragioni e delle proprie prerogative?
Concludendo, non possiamo ritenere che sia tutta colpa dello stato e della politica, molto è anche colpa nostra, innanzitutto perché con il nostro comportamento e il nostro voto abbiamo voluto proprio questo Stato e questa politica.
Giuseppe Fauceglia