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Di nuovo su MES e Recovery Fund (di Cosimo Risi)

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Torna in auge il MES, il meccanismo salva stati, che infiamma da mesi il dibattito italiano. Ora si tratta di votare la modifica del regolamento istitutivo che recepisce alcuni emendamenti italiani.

Eppure il Ministro dell’Economia non trova il consenso per apporre la firma, specie ora che Forza Italia ha riveduto l’appoggio iniziale con la motivazione che “noi badiamo agli interessi degli italiani e non delle banche tedesche”.

L’argomento è banale e proprio per questo di facile digestione presso un pubblico poco avvertito. Basta evocare lo spettro del banchiere tedesco per scoraggiare qualsiasi progresso. Che poi il banchiere tedesco ci guadagni davvero dalla riforma è tutto da dimostrare. Non è un teorema di geometria ma un dogma. Ha voglia il Ministro a separare i due punti: accettare la riforma del MES non implica che l’Italia vi faccia ricorso. Ma anche questo argomento è troppo sofisticato.

Il MES s’intreccia con il Recovery Fund attraverso mille spire. Non si capisce negli altri stati membri la riluttanza italiana ad accedere a prestiti vantaggiosi per una trentina di miliardi che servirebbero per le spese sanitarie in senso lato. Anche qui l’argomentare è semplice: vi lamentate della situazione difficile del vostro sistema sanitario, ma rinunciate a soldi rapidi e sicuri per rinnovarlo.

Di più. Si gioca sul MES la partita sul grado di affidabilità europea del paese. L’operazione Next Generation EU è in attesa di decollare, la riunione decisiva a Bruxelles è a giorni. E’ il primo programma europeo che rompe il tabù del pareggio di bilancio, con la Commissione che sarà autorizzata a contrarre debito sui mercati per dare ossigeno alle economie esangui da pandemia.

Gli stati membri frugali ripetono che si tratta di una prima volta che non fa precedente. Avrebbero maggiore ragione nelle loro riserve se i principali beneficiari dei nuovi fondi non ne facessero adeguato uso. Certe uscite circa la cancellazione dei debiti non aiutano, specie ora che il debito non è ancora acceso. Quale creditore presterebbe ad un debitore che dichiara da subito di non voler onorare il debito?

La partita è politica e chiama in causa non solo l’opposizione, che in definitiva fa il suo mestiere anche se in modo tortuoso come Forza Italia, ma la coalizione di governo. Questa non trova la quadra sul MES, appare in ritardo sui progetti ex Recovery, insomma dà l’impressione di faticare a tenere dietro all’agenda di Bruxelles.

Il quadro generale è più europeistico che in passato, ma non basta chiedere di avvicinarsi al PPE per avere la patente giusta. Nel Partito Popolare è già schierata Forza Italia, il cui leader presumibilmente riceverà pressioni dalla Cancelliera tedesca per rivedere la posizione. E d’altronde il PPE deve pure fronteggiare la fronda di Orbàn che si oppone a NGEU per la clausola sullo stato di diritto.

Alla fine, anziché agitare gli interessi delle banche tedesche, dovremo ricorrere al governo tedesco per tirarci d’impaccio.

di Cosimo Risi

 

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