Il Gip Luigi Levita ha disposto la custodia cautelare in carcere a carico di 5 persone e gli arresti domiciliari nei confronti di tre, residenti tra le provincie di Napoli e Salerno. Sono tutte a vario titolo accusate dei reati di associazione per delinquere finalizzata al compimento di plurimi reati contro la persona e il patrimonio, ma anche estorsione, ricettazione e auto riciclaggio. Contemporaneamente sono state eseguite dai militari perquisizioni personali e locali a carico di altri sette indagati per gli stessi reati. Sarebbero per ora 13 i furti di auto messi a segno dal gruppo, 16 episodi di ricettazione, 3 estorsioni e 2 casi di auto riciclaggio.
Le indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore Angelo Rubano e dal Procuratore Antonio Centore sono partite nel 2019, quando i Carabinieri di Scafati e della Sezione Radiomobile di Nocera Inferiore hanno fermato un’auto per un controllo. La vettura è stata poi sequestrata. A bordo vi era uno degli arrestati che procedeva a breve distanza rispetto ad un’altra auto occupata da 3 complici, tra gli indagati.
Dall’estrapolazione del contenuto degli smartphone delle persone controllate e denunciate (video, immagini, file audio, chat telematiche) è partita l’inchiesta che ha permesso di ricostruire gli episodi in cui gli indagati risultavano coinvolti, l’identificazione dei complici e delle vittime, l’analisi delle denunce presentate in relazione alle specifiche tipologie di reato nel territorio di riferimento. Scoperchiata in questo modo un’organizzazione dedita ai furti di auto e alla rivendita illegale dei veicoli o, in alternativa, alla restituzione ai legittimi proprietari dietro pagamento di una somma di denaro, il “cavallo di ritorno”.
Il gruppo, composto da persone residenti a Scafati, Angri, Boscoreale, Torre Annunziata, Terzigno, Pompei e Castellammare di Stabia, operava tra le province di Napoli e Salerno (in particolare, Agro nocerino-sarnese e paesi vesuviani) con una suddivisione dei compiti. Le comunicazioni avvenivano su una chat WhatsApp chiamata dagli stessi partecipanti “Gli sfiammati”.
Il modus operandi del gruppo prevedeva prima una ricognizione sul territorio per individuare le auto da rubare. Gli indagati raccoglievano poi informazioni sul veicolo e sul proprietario e sceglievano le vittime.
Individuato l’obiettivo, dopo aver manomesso i dispositivi elettronici, acquisendo il controllo delle componenti di bordo bypassando la centralina, grazie al lavoro di una persona con competenze specialistiche in materia, residente in provincia di Bari, agivano. Il mezzo rubato veniva poi lasciato “riposare” per alcuni giorni in un parcheggio o altro luogo in cui non desse nell’occhio per evitare il rischio di immediata localizzazione da parte del proprietario.
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