In Veneto il presidente Luca Zaia ha firmato un’ordinanza che impone il proseguimento della didattica a distanza fino a fine gennaio per le superiori. “Tutti gli esperti scientifici a partire dal professor Palù – ha sottolineato Zaia – affermano che aprire le scuole in questo momento non è prudente. Questa decisione comporta sicuramente un sacrificio per i ragazzi, ma dovevamo farlo per il bene della comunità”. Zaia ha precisato quindi di aver dato mandato alle aziende di trasporto di adeguare la programmazione dei trasporti pubblici all’ordinanza, “ma voglio che sia chiaro che non abbiamo nessun problema con i trasporti”.
Scenario simile in Friuli-Venezia Giulia, il cui presidente, Massimiliano Fedriga, “ha immaginato un’ordinanza che sposti dopo il 31 gennaio il rientro in classe dei ragazzi delle secondarie di secondo grado”. Secondo l’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen, comunque, “ci sono ovviamente possibilità di intervenire da qui al 31 gennaio, a seconda di come la curva epidemiologica si modificherà nelle prossime settimane”. Ma per ora l’ordinanza di Fedriga non è ancora stata firmata, e quindi non è detta l’ultima parola.
Stessa situazione in Puglia, dove il presidente Michele Emiliano dovrebbe decidere nelle prossime ore se firmare un’ordinanza che, come quella di Zaia, proroga la didattica a distanza per le prossime settimane. E pure le Marche stanno valutando di far slittare la riapertura in presenza: secondo il vicepresidente Mirco Carloni, le lezioni per gli studenti delle superiori dovrebbero continuare a distanza sia per via della variante inglese, sia perché i giovani tra i 10 e i 19 anni hanno “un tasso di positività più alto e, anche se asintomatici, sono vettori di contagio”. Ma per ora non è stata presa una decisione definitiva sulle modalità di rientro.
In Campania, invece, le scuole riapriranno l’11 gennaio, quando potranno tornare in classe gli alunni della scuola dell’infanzia e delle prime due classi della primaria, com’era prima della chiusura per la pausa natalizia. Lo ha stabilito l’Unità di Crisi della Regione, che ha valutato i dati epidemiologici in relazione alla possibilità di un ritorno in presenza e che siglerà un’ordinanza entro martedì. A partire dal 18 gennaio, quindi, sarà valutata dal punto di vista epidemiologico generale la possibilità del ritorno in presenza per l’intera scuola primaria, e dal 25 gennaio per la secondaria di primo e secondo grado.
La Valle d’Aosta, al contrario, “è pronta ad aprire le scuole superiori il 7 gennaio: la decisione di un rinvio sarebbe molto grave”. Ne è convinto Luciano Caveri,
assessore regionale all’istruzione, spiegando che “noi abbiamo le condizioni di sicurezza per poterlo fare. Se altre Regioni ritengono di non essere in grado di aprire possono stabilire il rinvio autonomamente con proprie ordinanze; ma se Roma decidesse diversamente per tutti saremmo di fronte a un fatto compiuto che ci preoccuperebbe moltissimo”.
Lo stesso in Toscana, dove il presidente, Eugenio Giani, annuncia che “saremo minoritari, ma nella nostra Regione le scuole secondarie superiori, complici alcuni dati che indicano che ce lo possiamo permettere, il 7 gennaio ripartiranno al 50% in presenza secondo le indicazioni del ministro Speranza, e dal 15 gennaio al 75% in presenza. Riteniamo che sia necessario che i ragazzi tornino a comunicare tra loro e con i loro insegnanti”.
Tra ordinanze, riflessioni e slittamenti, intanto, l’Iss continua a ripetere che il tasso di contagio a scuola è statisticamente poco significativo: nel periodo 31 agosto-27 dicembre, infatti, sono stati rilevati 3.173 focolai in ambito scolastico, pari al 2% del totale dei focolai segnalati a livello nazionale. E se anche da metà settembre (con la riapertura delle scuole tra il 14 e il 24 settembre) si è osservato un aumento progressivo dei casi giornalieri diagnosticati in bambini e adolescenti dai 3 ai 18 anni di età, che ha raggiunto la fase di picco dal 3 al 6 novembre con oltre 4.000 casi, successivamente la curva ha iniziato progressivamente a scendere, con un andamento simile a quello della popolazione generale. Il tasso di ospedalizzazione nella popolazione in età scolare, invece, è stato dello 0,7% a fronte dell’8,3% nel resto della popolazione.
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