Lo hanno scoperto i ricercatori del National Institute of Health (NIH) degli Stati Uniti esaminando i segni distintivi dei danni cerebrali mostrati da pazienti deceduti poco dopo aver contratto la malattia.
“Siamo rimasti completamente sorpresi – ha ammesso Avindra Nath, direttore clinico del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) del NIH e autore senior dello studio – . Abbiamo osservato danni che di solito sono associati a ictus e malattie neuroinfiammatorie”.
Sebbene diversi studi abbiano dimostrato che l’infezione da coronavirus aumenta il rischio di eventi cerebrovascolari, i ricercatori hanno scoperto che alcune aree del cervello mostravano vasi sanguigni più sottili del normale che, a volte, rilasciavano proteine del sangue, come il fibrinogeno, nel cervello.
“Abbiamo scoperto che i pazienti che contraggono l’infezione da Sars-Cov-2 possono andare incontro a danni cerebrali dovuti a lesioni microvascolari – ha aggiunto Nath che, insieme ai colleghi, ha condotto la microscopia a risonanza magnetica post-mortem per esaminare i campioni di bulbi olfattivi e del tronco cerebrale di 19 pazienti, riscontrando anomalie in 10 soggetti.
In particolare, le scansioni hanno rivelato che entrambe le regioni mostravano un’abbondanza di punti luminosi, chiamati iperintensità, che spesso indicano infiammazione, e macchie scure, chiamate ipointensità, che rappresentano sanguinamento.
L’esame al microscopio ha poi indicato che le iperintesità erano dovute alle lesioni microvascolari e alla perdita di fibrogeno, mentre le ipointensità corrispondevano a vasi sanguigni congestionati, con aree circostanti di fuoriuscita di fibrogeno, dunque a microemorragie che sembravano innescare una risposta immunitaria. Queste regioni erano infatti circondate da cellule T del sangue e cellule immunitarie del cervello chiamate cellule della microglia.
Diversamente da quanto indicato da precedenti studi, i ricercatori non hanno però osservato segni di infezione nei campioni di tessuto cerebrale analizzato, nonostante abbiamo utilizzato diversi metodi per rilevare la presenza di materiale genetico o proteine di Sars-Cov-2.
“I nostri risultati suggeriscono che il danno possa non essere stato causato dal virus SARS-CoV-2 che infetta direttamente il cervello” ha concluso il dott. Nath che ora ha in programma di studiare come la malattia danneggia i vasi sanguigni del cervello e se questo danno determina la comparsa di sintomi nei pazienti.
fonte FanPage.it
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