La circolare ‘Aggiornamento della definizione di caso Covid-19 e strategie di testing’ prevede l’obbligo di tracciabilità di tutti i test nei sistemi informativi regionali: “Gli esiti dei test antigenici rapidi o dei test Rt-Pcr, anche se effettuati da laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalle Regioni – si legge – devono essere inseriti nel sistema informativo regionale di riferimento”. La circolare raccomanda il ricorso a test antigenici rapidi con requisiti minimi di performance: 80% di sensibilità e 97% di specificità.
Questi test antigenici, si rileva, sembrano mostrare risultati “sovrapponibili” ai saggi di Rt-Pcr (test molecolari), specie se utilizzati entro la prima settimana di infezione, e sulla base dei dati al momento disponibili risultano essere “una valida alternativa alla Rt-Pcr. Qualora le condizioni cliniche del paziente mostrino delle discordanze con il test di ultima generazione la Rt-Pcr rimane comunque il gold standard per la conferma di Covid-19”.
Se la capacità di Rt-Pcr è limitata o qualora sia necessario adottare con estrema rapidità misure di sanità pubblica, rileva la circolare, “può essere considerato l’uso dei test antigenici rapidi in individui con sintomi compatibili con Covid-19 nei seguenti contesti: situazioni ad alta prevalenza, per testare i casi possibili/probabili; focolai confermati tramite Rt-Pcr, per testare i contatti sintomatici, facilitare l’individuazione precoce di ulteriori casi nell’ambito del tracciamento dei contatti e dell’indagine sui focolai; comunità chiuse (carceri, centri di accoglienza, etc.) e ambienti di lavoro per testare le persone sintomatiche quando sia già stato confermato un caso con Rt-Pcr; in contesti sanitari e socioassistenziali/sociosanitari, o per il triage di pazienti/residenti sintomatici al momento dell’accesso alla struttura o per la diagnosi precoce in operatori sintomatici”.
Si sì tutto falso