«In un momento così difficile, in cui ogni categoria ed ogni settore sono nel pieno di una pandemia, basti pensare che lo sport vale l’1,8% del Pil nazionale, cioè trenta miliardi di euro che diventerebbero 60 considerando l’indotto.
Stando a queste cifre lo sport dovrebbe essere una priorità, considerando soprattutto i risparmi che si andrebbero a generare sul sociale e sulla sanità», spiega Domenico Credendino (nella foto a sinistra), Presidente Fondazione Carisal – Fondazione di origine bancaria, nonché dirigente nazionale del Centro Sportivo Italiano, Ente di Promozione Sportiva. Lo sport è salute, maestro di vita e aiuta a tenere lontano da dipendenze, disagio sociale e microcriminalità.
Una diffusa pratica sportiva in tal senso sarebbe davvero importante per le nuove generazioni: «Alcune fasce d’età sono inevitabilmente esposte a certe problematiche. Mi vengono in mente i disordini alimentari come la bulimia e l’anoressia, il bullismo senza dimenticare lo smodato uso anzi abuso dei social, che rischia di essere una vera e propria piaga per le nuove generazioni che si trovano inevitabilmente ancora più minacciate soprattutto in questo periodo di pandemia.
Non praticando sport questi ragazzi sono ancor più esposti ai pericoli e inoltre non possono godere degli effettivi benefici di una sana attività sportiva, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista mentale, motivazionale e di crescita. In tal senso investire nello sport può avere una valenza ancora maggiore ed anche un risparmio, ad esempio, delle spese per la salute».
In Italia non sono pochi coloro i quali praticano attività sportiva, ma il dato preoccupante resta quello dell’abbandono: «Sono tanti i giovani – prosegue il presidente Credendino – soprattutto i bambini che dopo un anno, massimo due decidono di lasciare lo sport.
Questa è sicuramente una problematica rilevante, soprattutto in chiave futura. Questo è un momento importante in cui possiamo gettare le basi per un futuro importante. Lo sport può essere un collante importante avendo un indiscutibile peso sociale. In tal senso bisogna lavorare per trasformarlo in un’impresa multifunzionale di servizi che possa accedere a bandi, agendo alla pari con le pubbliche amministrazioni».
In tal senso bisogna investire e cambiare anche l’approccio andando a costituire un nuovo modello: «Quanto successo in questi mesi a causa della pandemia – dichiara Pino D’Andrea, direttore tecnico del Csi Salerno nonché responsabile Area progetti – ha creato grandi problemi dal punto di vista economico ma lascia aperte anche tante opportunità da sfruttare.
Va, però ripensato il modello di sport, il modo di pensare di società e federazioni. Bisogna andare a instaurare un modello che possa essere appetibile tanto per i bambini quanto per i meno giovani, rivedendo anche il modo di rapportarsi con le famiglie e con le istituzioni. Sicuramente la pandemia ha acuito la crisi economica di tante realtà sportive, soprattutto degli sport minori, con tanti sponsor che logicamente sono venuti meno. Però, un modello nuovo di sport che possa riaccendere anche la passione di chi lo guarda non potrà non attirare nuovi investitori nel breve e medio periodo».
Fonte Le Cronache in edicola il 15 gennaio (consultabile on line)
Commenta