Questa singolare coacervo di umanità, senza pensiero portante, è oggi stretta dalla necessità di tenere ben strette per altri due anni le poltrone parlamentari e l’urgenza di offrire una risposta all’appello del Presidente della Repubblica nell’attuale crisi sanitaria, economica e sociale.
Del resto, i pentastellati hanno ben chiaro che le scarse possibilità di recuperare consenso elettorale è legata, come al solito, ad un’opposizione “forte e pura”, quanto “vuota di proposte”, ad ogni sforzo di risanamento dell’economia e di ripresa del Paese, non collegata alle singolari opzioni di distribuzione a pioggia delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea e conseguenti allo sforamento del debito pubblico.
Dall’altra parte, vi è un PD lacerato, come del resto lo stesso movimento pentastellato, da profonde divisioni interne, prodotte anche dalla inconciliabilità tra le diverse culture politiche in esso confluite, che dimostrano oggi il sostanziale fallimento del nobile tentativo unificante delineato da Walter Veltroni. Senza, poi, considerare l’insufficienza palese del suo attuale segretario, vero e proprio “vaso di coccio tra vasi di ferro” (per utilizzare l’espressione manzoniana).
Non parliamo, poi, di quello che resta del centro-destra, ormai privo della spinta liberale e riformista, ed affidato al sovranismo e al populismo delle ali estreme, tra loro finanche inconciliabili.
Sono, dappoi, scomparse le formazioni cosiddette centriste, che avrebbero dovuto raccogliere l’eredità cattolica-democratica, del socialismo riformista, della cultura liberale, ridotte a pochi elementi che girovagano da un voto all’altro nell’attesa di acquisto della “merce” sul mercato.
A ciò si aggiunge, ma è dato su tutti rilevante, la profonda apatia deli italiani, alcuni dei quali neppure conoscono la figura di Mario Draghi ed il ruolo che ha avuto nell’interesse dell’Italia, e che ormai votano seguendo gli istinti più irrazionali ed imprevedibili.
Eppure, in questo contesto, le forze parlamentari, dopo la figura meschina fatta finora, sembrano sfuggire alle loro responsabilità, mettendo a serio rischio l’ultima speranza che resta al Paese per garantire ai nostri figli e ai nostri nipoti un futuro.
La indicazione di Mario Draghi non può essere allora solo l’accertamento notarile della catastrofe del ceto politico, deve, invece, rappresentare un’occasione; non è solo la dimostrazione della incapacità e dell’impotenza di chi avrebbe dovuto guidare il Paese, ma il punto di partenza di una nuova consapevolezza. Questo dato essenziale non mi pare essere stato valorizzato dai commenti che in questi giorni ho avuto modo di leggere.
L’occasione ci è data oggi dalla cognizione che la politica non può essere solo il terreno su cui si misurano opposte ignoranze, infide inconsapevolezze e desiderio di arricchimento personale o di acquisizione di potere, manifestato in scelte non fatte ed attardate nella sola attesa degli eventi (come appare nella gestione della gravissima emergenza pandemica).
Un’occasione anche per costruire una forte formazione centrista, che valorizzi le culture storiche della politica (non guardando al passato), ma capace di aggregare e non dividere i consensi, abbandonando vuoti ed inutili personalismi..
La consapevolezza è quella che deve acquisire il popolo italiano, non scegliendo “il tanto peggio tanto meglio”, come nel marzo del 2018, ma valutando le capacità ed i progetti di chi si propone alla guida del Paese.
Solo se si unisce questa occasione alla consapevolezza, possiamo sperare – ma il pessimismo della ragione resta oggi determinante anche in questa analisi – in un sussulto di responsabilità e di dignità che sino ad oggi è mancato.
Giuseppe Fauceglia