L’Aifa nelle sue indicazioni aveva sottolineato che “pur considerando l’immaturità dei dati e la conseguente incertezza rispetto all’entità del beneficio offerto si ritiene che in via straordinaria, possa essere opportuno offrire comunque un’opzione terapeutica ai soggetti non ospedalizzati che, pur con malattia lieve/moderata risultano ad alto rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19″
La popolazione candidabile al trattamento con gli anticorpi monoclonali dovrà essere rappresentata “unicamente da soggetti di età maggiore di 12 anni, non ospedalizzati per Covid, non in ossigenoterapia, con sintomi di grado lieve-moderato di recente insorgenza (e comunque da non oltre 10 giorni) e presenza di almeno uno dei fattori di rischio (o almeno 2 se uno di essi è l’età maggiore di 65 anni)” come malattia renale cronica, diabete non controllato, immunodeficienze
La scelta in merito alle “modalità di prescrizione degli anticorpi monoclonali, come pure la definizione degli specifici aspetti organizzativi, potrà essere lasciata alle singole Regioni“, ha affermato l’Aifa nel parere in merito a tali terapie
La Commissione tecnico scientifica Aifa richiama inoltre l’attenzione sugli aspetti organizzativi legati al trattamento, e sottolinea in particolare che l’infusione endovenosa dei farmaci deve essere effettuata in un tempo di 60 minuti (seguiti da altri 60 minuti di osservazione) in setting che consentano una pronta ed appropriata gestione di eventuali reazioni avverse gravi
Sulla base di tali considerazioni, “pur rilevando l’esistenza di prove di efficacia ancora preliminari – si legge nel parere della Cts -. Si ritiene che i suddetti farmaci (previa verifica della loro effettiva disponibilità) possano essere resi disponibili con procedura straordinaria e a fronte di una rivalutazione continua sulla base delle nuove evidenze disponibili, dell’arrivo di nuovi anticorpi monoclonali o altri farmaci, e delle eventuali decisioni assunte in merito da EMA”
Si ribadisce tuttavia “l’assoluta necessità di acquisire nuove evidenze scientifiche che consentano di stimare più chiaramente il valore clinico degli anticorpi e definire le popolazioni di pazienti che ne possano maggiormente beneficiare”
In particolare, “dal momento che tali farmaci non possono essere attualmente considerati uno standard di cura, la Commissione ritiene fondamentale sia la prosecuzione degli studi in corso sia l’avvio di nuovi studi clinici, anche comparativi”. A tal fine, rileva la Cts, “si ritiene che gli studi indipendenti promossi dall’agenzia con l’attuale bando potranno rappresentare un’utilissima fonte di ulteriori evidenze”
Ai fini dell’utilizzo delle terapie anti-Covid a base di anticorpi monoclonali, l’Agenzia italiana del farmaco indica come popolazioni ad alto rischio soggetti con le seguenti condizioni: Body Mass Index (BMI) maggiore o superiore a 30, malattia renale cronica, diabete non controllato, immunodeficienze primitive o secondarie, età di 65 anni o più
Per i soggetti con più di 55 anni devono avere malattie cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo), BPCO e/o altre malattie respiratorie croniche. Per i soggetti tra 12-17 anni con BMI maggiore o uguale a 85esimo percentile per età e genere, anemia falciforme, malattie cardiache congenite o acquisite, malattia del neurosviluppo, dipendenza da dispositivo tecnologico (p.es. soggetti con tracheotomia, gastrostomia, etc), Asma, o altre malattie rare
Commenta