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Covid: ecco quali sono i sintomi della variante inglese

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La variante inglese del Covid continua a diffondersi ad una velocità considerevole e si ipotizza che in poche settimane possa diventare la forma dominante, sostituendo quella tradizionale che abbiamo imparato a conoscere e contrastare in queste settimane. È bene quindi avere tutte le informazioni a portata di mano, a partire dalle nozioni basilari: quali sono i sintomi della variante inglese del Covid?

Alla luce della considerevole diffusione della variante inglese in Europa è possibile fare una panoramica dei sintomi comuni dell’infezione. I dati sono quello dell’Office for National Statistics che ha analizzato circa seimila casi di soggetti che hanno contratto la variante inglese. Come per il coronavirus tradizionale, i sintomi sono pericolosamente assimilabili a quelli di una normale influenza.

La maggior parte delle persone intervistate ha fatto sapere di aver avuto la tosse, uno dei sintomi che ormai abbiamo imparato a conoscere. Una considerevole percentuale del campione intervistato ha segnalato un senso di spossatezza e dolori muscolari.

L’altro sintomo particolarmente diffuso della variante inglese è il mal di gola. La perdita del gusto e/o dell’olfatto non sembra essere un sintomo particolarmente comune tra i soggetti che hanno contratto la variante inglese del Covid. Restano invece i sintomi tradizionali dell’infezione, come mal di testa e difficoltà respiratorie.

I sintomi meno comuni

Nello studio emergono anche sintomi meno comuni del contagio, come ad esempio un forte senso di nausea e un senso di stanchezza. Gli esperti nel corso del loro studio hanno rintracciato anche casi di vertigini.

La variante inglese del Covid si diffonde più rapidamente

Rispetto alla forma tradizionale del nuovo coronavirus, la variante inglese si diffonde più rapidamente ma non è caratterizzata da una letalità più elevata. Contagia di più ma non uccide di più, non è una forma più aggressiva del virus.

“In Italia, si è stimato che la cosiddetta ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica (tra il 18% ed il 60%). Questi valori sono in linea con quelli riportati in altri paesi, anche se leggermente più bassi, che induce a considerare l’opportunità di più stringenti misure di controllo che possono andare dal contenimento di focolai nascenti alla mitigazione. La stima è stata ottenuta da uno studio di ISS, Ministero della Salute, Fondazione Bruno Kessler, Regioni/PA.”, comunica l’Iss nelle faq sulle varianti del Covid.

 

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